I parchi naturali: una risorsa fondamentale per la salvaguardia della biodiversità

Una panoramica sulla situazione e le prospettive di tre importanti parchi naturali, il loro ruolo per la salvaguardia della biodiversità nel quadro di riferimento dei cambiamenti cliamatici: il parco nazionale delle Foreste casentinesi; il parco nazionale dell’Arcipelago toscano; il parco regionale della Maremma.

La tutela della biodiversità è uno dei principali ruoli cui sono chiamati i Parchi e che riguarda la conservazione di tutto il capitale naturale presente nell’area protetta e anche un po’ più in là. Dopo il focus dedicato da AmbienteInforma al tema Ambiente e natura: risorse per il Paese, nel quale è stata presentata una carrellata a livello nazionale di alcune delle più importanti esperienze per la salvaguardia della natura e della biodiversità, Arpatnews ha proposto ai responsabili di alcuni dei principali parchi della Toscana una serie di domande per approfondire queste tematiche.

Ne proponiamo qui alcune parti.

Il parco nazionale delle Foreste casentinesi, monte Falterona e Campigna copre un’area di circa 36.000 ettari, equamente divisa fra l’Emilia Romagna e la Toscana: territori delle province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze. Si estende lungo la dorsale appenninica tosco-romagnola. Il Parco eccelle, dal punto di vista naturalistico, come una delle aree forestali più pregiate d’Europa. È anche un territorio con centri abitati ricchi di storia e di testimonianze artistiche, che si offrono al visitatore in una meravigliosa cornice naturale, ricca di flora e di fauna.

Il Presidente del Parco ha sottolineato come “Nelle foreste casentinesi l’uomo è da sempre parte del contesto ambientale. Ha avuto un ruolo fondamentale nel dare forma a questo patrimonio inscindibile di natura e cultura fatto di piante plurisecolari e monumenti millenari. I problemi più grossi tuttavia sono da ricondursi proprio al condizionamento antropico: dagli squilibri tra le specie animali e vegetali alle conseguenze dei cambiamenti climatici. I quali determinano condizioni di stress agli ecosistemi tali da metterne a repentaglio talvolta la stessa sopravvivenza. Ovvio che i problemi che constatiamo e fronteggiamo nell’area protetta sono moltiplicati a dismisura nelle aree esterne.”

Il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, nato nel 1996, si estende su un’area di 79.160 ettari tra le province di Livorno, Grosseto e l’area a mare. È uno dei Parchi Nazionali italiani con la più forte integrazione tra terra (22%) e mare (78%) e il maggior numero di isole, significativamente distanti e diverse tra loro, ricche di specie endemiche da salvaguardare: Elba, Pianosa, Capraia, Gorgona, Giglio, Giannutri e Montecristo.

“In un parco come il nostro – ha detto il Presidente del Parco ad Arpatnews  – , composto da sette isole, alcune delle quali molto piccole, la presenza di specie aliene rappresenta la maggiore minaccia per la biodiversità. Per dare un’idea della portata del problema basta osservare i dati relativi all’intervento di eradicazione del ratto nell’isola di Montecristo. Prima dell’intervento (2012) il successo riproduttivo della Berta minore era del 6%, dopo è salito tra il 75 e il 95% e la stima è di circa 440 giovani involati ogni anno.

Però questo è un tema di difficile comprensione: il grande pubblico spesso non capisce perché un parco debba rimuovere delle specie dal proprio territorio ed ignora che le specie aliene sono la seconda causa di perdita di biodiversità nel mondo, dopo la distruzione dell’habitat, come certifica la più grande organizzazione mondiale di conservazione della natura, la IUCN.

Quindi è difficile spiegare che il parco non è un giardino zoologico dove si va ad ammirare animali esotici, ma un territorio dove si salvaguardano i valori naturali che, quando sono alterati, si cerca di ripristinare. In definitiva in questo campo il nostro è un doppio lavoro, da una parte gli interventi a difesa della biodiversità, dall’altra l’informazione.”

“Il Parco della Maremma – istituito più di 40 anni fa dalla Regione Toscana – oltre alla tutela dell’area di circa 9.000 ettari di territorio che ricomprende, gestisce anche un Centro di recupero per le tartarughe marine che si trovano in difficoltà e, sino a poco tempo fa, era anzi rimasto l’unico centro in Toscana ad avere l’autorizzazione del Ministero per poter intervenire.

Anche il salvataggio di specie in difficoltà quali la Caretta Caretta rientra nei canoni della tutela della biodiversità, così come il diffondere l’importanza di comportamenti corretti per diminuire il nostro impatto sull’ambiente.

Ma se la salvaguardia della biodiversità e dunque degli habitat necessari alla sopravvivenza delle specie rappresenta uno dei compiti prioritari cui sono chiamati i Parchi, in realtà – ha sottolineato nel suo intervento su Arpatnews il Presidente del Parco – il loro ruolo è ben più complesso senza voler con questo sottintendere che la tutela della biodiversità non lo sia di per sé.

Ciò che voglio dire è che siamo chiamati sempre più a trovare i modi più idonei per far convivere da una parte la conservazione del capitale naturale e dall’altra a farlo fruttare, per garantire la nostra stessa sopravvivenza e permettere uno sviluppo economico di chi all’interno dei parchi abita e svolge la propria attività.

Quando dico garantire la nostra stessa sopravvivenza intendo che sempre di più è richiesta ai Parchi la capacità di autofinanziarsi, dato che le risorse pubbliche sono ormai scarse; e dunque cosa può fare un parco se non offrire le bellezze che custodisce, rendendo fruibile la natura e la biodiversità?

Può fare in modo, a mio avviso, di intraprendere strategie e politiche di gestione tali che al tempo stesso rendano “economicamente vantaggioso” l’uso del capitale naturale conservandolo e migliorandolo, se non addirittura ampliandolo. E questa è una strada in cui è necessario coinvolgere anche chi nei parchi vive, ha una propria fonte di reddito, imposta la propria attività così da non essere percepiti solo come un vincolo ma anzi come un’opportunità di sviluppo.

Un equilibrio non facile da perseguire e da mantenere ma è anche un obiettivo molto sfidante con cui misurarsi, che necessita però di un salto culturale che non è ancora del tutto completato e sui cui i parchi sono chiamati a svolgere un ruolo importante come portatori di esempi concreti ed esportabili”

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