Inquinanti organici persistenti, da Arpa Lombardia nuovi metodi di ricerca nei rifiuti

Alcuni controlli effettuati dai tecnici di Arpa Lombardia nel 2018, a supporto dell’Autorità giudiziaria, hanno coinvolto differenti matrici, rendendo necessaria la messa a punto di metodi appropriati e non prima disponibili in forma validata matrice-specifica, per la ricerca di inquinanti organici persistenti.

La normativa europea prevede limitazioni alle concentrazioni di sostanze caratterizzate da alta persistenza nell’ambiente quali, ad esempio, i policlorodibenzodiossine/furani (PCDD/PCDF) e policlorobifenili (PCB), oltre all’acido perfluorottansolfonico e il suo anione solfonato (PFOS), ai Polibromodifenileteri (PBDE) e all’esabromobifenile (classe dei PBB).

Per la ricerca di questi inquinanti nei rifiuti, rispetto alle altre matrici ambientali analizzate dalle Agenzie, la complicazione è correlata alla estrema differenza e variabilità dei “materiali” o “miscele di materiali” di volta in volta coinvolti nei controlli.

Fra le sfide più interessanti dell’ultimo anno, spiccano un paio di casi in cui le indagini sono state affrontate mediante uso di tecniche cromatografiche, impiego di metodi normati nonché di molecole marcate con isotopi, come standard interni per le analisi quantitative.

Nel caso del PFOS, sono stati controllati alcuni percolati da discarica, estendendo a questa matrice di tipo liquido il metodo già messo a punto per le acque reflue e per le acque superficiali e sotterranee, per determinare dodici congeneri degli Acidi Perfluoroalchilici (o PFAAs) tra cui il PFOS.
Il metodo utilizzato – ISO 25101:2009 – è stato messo a punto in cromatografia liquida-spettrometria di massa su strumentazione di tecnologia avanzata (LC/MS-MS, triplo quadrupolo) con l’obiettivo di mantenere una capacità di diagnostica specifica e selettiva anche sulle matrici più critiche, attivando percorsi dedicati, all’occorrenza.
Nel caso dei campioni liquidi di percolato, le interferenze dovute alla matrice sono state minimizzate per diluizione della stessa, sfruttando l’alta sensibilità della tecnica per LC/MS-MS e ricorrendo, se necessario, a passaggi di estrazione-purificazione su fase SPE “Weak Anion Exchange”.

Nel caso dei PBDE e PBB, la ricerca è stata richiesta su rifiuti di tipo plastico, e per la perizia è stato necessario approntare un metodo ad hoc, facendo riferimento a quello per la determinazione dei PBB e PBDE nei polimeri mediante gascromatografia-spettrometria di massa (GC/MS singolo quadrupolo) riportato nell’annex A della norma ISO IEC 6231:2008.

Nel caso dei PBDE, le difficoltà sono state correlate sia alla necessità di mettere a punto un metodo ad hoc su matrici di materiale plastico, sia alla necessità di determinare un certo numero di molecole per ogni congenere considerato: ad esempio tutti i tetra-clorobifenili, tutti i penta-clorobifenili, ecc., analogamente alla già nota analisi dei PCB.

Pur mantenendo la dovuta riservatezza sui casi trattati, può essere interessante rilevare come le indagini analitiche non abbiano evidenziato particolare contaminazione, sia nel caso dei PFAAs/PFOS sia nel caso dei PBDE/PBB.

Sui percolati di discarica sono risultati presenti solo due analiti, l’Acido Pefluorobutansolfonico (PFBS) e l’Acido perfluoroottanoico (PFOA), a livelli inferiori a 1 mg/Kg. Non è stato rilevato PFOS (né altri PFAAs) al di sopra dei limiti di quantificazione (0,01 mg/Kg).

Sul rifiuto di materiale plastico è stato identificato un solo singolo congenere tra gli eptabromodifenileteri, a livelli intorno a 1-2 mg/Kg, espressi come BDE-190. Le sommatorie delle classi dei congeneri tetra-, penta-, esa- ed epta-bromodifenileteri e degli esaclorobifenili sono tuttavia risultate inferiori ai limiti di determinazione (< 10-30 mg/Kg).

a cura di Pierluisa Dellavedova, Marco Volante, Sabrina Scolari -Arpa Lombardia

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