Guardiamo al futuro, tra crisi e opportunità

L’emergenza Covid-19 ci ha trovati tutti impreparati. È indubbio che, nonostante gli allarmi, ben pochi si aspettavano una crisi così dirompente, che colpisse in tempi tanto rapidi. È innegabile che, per quanto sia aumentata nel tempo l’attenzione al tema della prevenzione (in tutti i campi, non solo in quello della salute), questo non è stato sufficiente a impedire una pandemia che sta dispiegando tutti i suoi pesanti effetti, con il numero impressionante di vite umane spezzate che abbiamo davanti agli occhi ogni giorno.

L’emergenza sanitaria in corso ha numerosi aspetti che si intersecano con le questioni ambientali e climatiche. Sulle possibili relazioni tra epidemie e ambiente/condizioni climatiche, molte cose sono state dette, ma molto bisognerà ancora studiare per arrivare a risposte certe e attendibili, che vadano al di là delle ipotesi. Pur comprendendo il bisogno diffuso di capire la situazione attuale (da dove arriva? cosa comporta? dove ci porterà?) e in certi casi anche una certa ansia di informazioni su una situazione inedita, per avere risposte attendibili e non fuorvianti bisogna rispettare i tempi della scienza e di meccanismi che non si possono forzare.

In ogni caso, ancora una volta la correlazione ambiente-cambiamenti climatici-salute si pone come uno dei temi prioritari da affrontare e il tema della prevenzione assume, se possibile, una rilevanza ancora maggiore di prima. Sia a livello globale, sia a livello locale, la relazione degli esseri umani con gli ecosistemi in cui vivono e con cui interagiscono si rivela estremamente delicata e le società si mostrano in tutta la loro vulnerabilità.

Anche sulle conseguenze delle misure prese per diminuire i contagi (con la forte riduzione di spostamenti e attività produttive) occorre fare un ragionamento più articolato rispetto alle prime suggestioni. Certamente, il lockdown ha avuto un effetto significativo, nel breve termine, sulla qualità dell’aria, sulle emissioni di gas climalteranti, sugli habitat e sulla biodiversità, sull’inquinamento acustico. Molti studi e analisi dei dati sono in corso e i risultati preliminari hanno attirato una grande attenzione da parte del pubblico.

Di fatto, almeno nei paesi come l’Italia in cui la possibilità di mobilità individuale è stata drasticamente ridotta, abbiamo a disposizione in questi mesi un inedito ed eccezionale “laboratorio” che permetterà di studiare meglio, sotto molti aspetti, la portata dell’impatto antropico e avere così indicazioni preziose per il futuro.
Una valutazione compiuta sarà possibile solo sulla base di cosa succederà nei prossimi mesi o anni, considerata anche l’inerzia dei sistemi naturali e di quelli antropici.
Ma è appunto nel futuro che si capirà quali saranno le ripercussioni di lunga durata e questo dipenderà in gran parte dalle scelte che verranno messe in campo: dovremo essere davvero in grado di declinare il new green deal, ci sono tutte le condizioni per poterlo fare.

La situazione attuale è da considerare contingente, anche se le conseguenze di quanto sta succedendo in questo periodo potrebbero prolungarsi per lungo tempo. 
Per quanto riguarda il controllo ambientale, è importante evidenziare come in Italia il lavoro delle agenzie deputate sia sempre proseguito (configurandosi quale servizio essenziale, considerando anche che la salvaguardia dell’integrità dell’ambiente ha un’importante funzione di prevenzione sanitaria collettiva), nonostante le misure di contenimento abbiano comportato una necessaria rimodulazione delle attività.

Da questo punto di vista, gli enti che compongono il Servizio nazionale di protezione dell’ambiente (come molti altri servizi) hanno dovuto da un giorno all’altro ripensare tutte le proprie modalità organizzative, per garantire le proprie attività non differibili con un contingente minimo di personale in presenza e la grande maggioranza di operatori attivi tramite lavoro a distanza. È stato senza dubbio un salto notevole (dal punto di vista culturale, oltre che pratico) che porrà comunque le basi per il superamento di modelli organizzativi obsoleti, verso la logica del lavoro agile e flessibile. 

Il futuro (prossimo) del controllo ambientale non potrà prescindere dal mettere insieme i principi dell’efficacia della sorveglianza in campo ambientale e della sicurezza degli operatori e della popolazione intera. L’importante è che anche in questo caso non si ceda a soluzioni affrettate a tutti i costi, in nessuna direzione. Prima la situazione emergenziale e poi la volontà di far ripartire in fretta le attività economiche, davanti all’esigenza di fronteggiare la grave situazione economica che si prospetta, non possono essere la giustificazione per una minore attenzione agli aspetti ambientali (come pare stia avvenendo negli Usa, dove l’Agenzia federale per la protezione dell’ambiente, Epa, ha annunciato un allentamento dei controlli sui requisiti di conformità ambientale). 

Guardare al futuro significa non retrocedere, anzi porre le condizioni per un’attenzione ancora più elevata ai principi della sostenibilità, che si potranno tradurre anche in una maggiore equità sociale.  La lotta ai cambiamenti climatici, la transizione energetica verso le energie rinnovabili, la necessità di trasformare l’economia da lineare a circolare, l’impegno per il rispetto degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu conservano inalterata la propria importanza e la propria urgenza.

Probabilmente per ancora lungo tempo non tutto potrà ritornare come prima. E probabilmente questo non sarebbe nemmeno auspicabile. 
Ogni crisi, anche quella drammatica che stiamo attraversando, porta con sé delle opportunità. Per cogliere queste opportunità che per il prossimo futuro ci si presentano, la ripartenza, la cosiddetta “fase 2” e tutte le fasi successive, dovranno allora essere impostate su basi nuove, riorientate a un’attenzione rinnovata a un ambiente salutare e a un benessere che tenga in considerazione le esigenze di tutti, comprese quelle delle generazioni future.

La sfida è tutt’altro che semplice, ma non possiamo permetterci di fare finta di nulla. Quello che ci troviamo davanti non è il futuro che ci aspettavamo. Cerchiamo di guidare il cambiamento per orientarlo in una direzione migliore di quella che si prospettava.

Giuseppe Bortone 
Direttore generale Arpae Emilia-Romagna, presidente AssoArpa

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