Glifosate: un pesticida sotto la lente di ingrandimento

Arpa Toscana da tempo ha messo a punto un metodo accreditato per la determinazione del glifosate e lo ricerca nelle acque superficiali e sotterranee.

Il glifosate (N-(fosfonometil)glicina, C3H8NO5P), è un analogo aminofosforico della glicina, la cui attività fitotossica venne scoperta nel 1970 da Monsanto. L’autorizzazione all’uso del glifosate in agricoltura risale agli anni settanta del secolo scorso, quando, la stessa Monsanto, commercializzò il primo formulato a base di glifosate con il nome di Roundup (1974).
Negli anni successivi, il glifosate, è stato autorizzato in oltre 130 paesi del mondo (dati 2010), tra cui l’Italia, affermandosi rapidamente come il principo fitosanitario di sintesi più venduto al mondo (800.000 tonnellate nel 2014).

A livello chimico fisico, il glifosate è una molecola polare, con spiccate capacità di chelanti, alta solubilità in acqua e scarsa solubilità nei comuni solventi organici.
Nel suolo, il glifosate è resistente al degrado chimico, stabile alla luce solare, relativamente non percolante e con una bassa tendenza al dilavamento; grazie a queste proprietà, raramente raggiunge elevate concentrazioni nelle falde acquifere.

Il glifosate, degrada principalmente attraverso processi microbici con una efficienza e velocità legata alla flora batterica presente nel terreno e a tutti quei fattori che ne influenzano l’attività. Il principale prodotto di degradazione del glifosate è l’acido aminometilfosfonico (AMPA) che, a causa della maggiore polarità, può essere adsorbito nel suolo ancora più efficacemente del precursore.

L’analisi del glifosate, e analogamente quella del metabolita (AMPA) presenta numerose difficoltà, ciò nonostante, il Laboratorio AVL di ARPAT, negli anni 2014 e 2015, ha sviluppato e accreditato a norma UNI EN 17025, un metodo analitico per la determinazione di tali composti nelle acque superficiali e sotterranee. (Gli esiti dei monitoraggi effettuati dall’Agenzia nelle acque superficiali e sotterranee nel 2015)

L’erbicida in oggetto e l’AMPA, sono rilevati a livello di sub-microgrammi per litro (µg/L), mediante cromatografia liquida ad alta prestazione e spettrometria di massa ad alta risoluzione (HPLC-HRMS, sistema THERMO ORBITRAP) previa derivatizzazione degli analiti con fluorenilmetilcloroformiato (FMOC-Cl) e quantificazione tramite diluizione isotopica.

La principale novità del metodo consiste nella rilevazione degli ioni degli analiti in alta risoluzione e nella possibilità di una ulteriore conferma tramite una seconda frammentazione.

La selettività e la sensibilità ottenute risultano pienamente rispondenti agli scopi, con un campo di misura compreso tra 0,020 e 0,5 µg/L, a tale proposito, si ricorda che, per quanto riguarda i limite per le acque destinate al consumo umano, il D.Lgs. 31/2001 prevede come valore di parametro 0,1 µg/L per ciascuno antiparassitario determinato e 0,5 µg/ per il parametro somma.

Nel marzo del 2015 lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato (Monograph Volume 112) il glifosate come: “cancerogeno II A” (probabile cancerogeno per gli umani).

In seguito a questo primo atto, a livello UE, si è attivato un percorso di rivalutazione della tossicità dello stesso e, conseguentemente, una modificazione del regime normativo in essere.

Sul piano nazionale, il 9 agosto 2016, il Ministero della Salute ha approvato il il decreto revoca di autorizzazioni all’immissione in commercio e modifica delle condizioni d’impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate in attuazione del Regolamento di esecuzione (UE) 2016/1313.

Il decreto ha modificato le condizioni d’impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate, fra le quali:

  • divieto di impiego nelle aree frequentate dalla popolazione, quali: parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie;
  • divieto di impiego in pre-raccolta al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura;
  • divieto, ai fini della protezione delle acque sotterranee, dell’uso non agricolo su suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80%, nelle aree vulnerabili e nelle zone di rispetto.

In questa situazione di maggiore attenzione nei confronti del glifosate, ARPAT ha intensificato i controlli sui corpi idrici analizzando, nel solo 2016, oltre 400 campioni di acqua superficiale, anche destinate alla produzione di acqua potabile e sotterranea, di cui, di seguito, si riassumono in forma grafica i risultati relativi al periodo 2014-2016.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Michele Mazzetti, Arpa Toscana

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