Carta della Natura contribuisce alla tutela della biodiversità in Campania

In Campania, come in molte altre regioni, Carta della Natura ha consentito di creare un patrimonio di conoscenze sulla distribuzione degli habitat che in altri modi difficilmente si sarebbe potuto costruire. In prospettiva, è uno strumento di supporto fondamentale per la comprensione di come questa distribuzione cambia nel tempo e, in molti casi, anche del perché cambia.

La conoscenza botanica della presenza e distribuzione delle specie sul territorio campano è storicamente molto sviluppata, grazie a una scuola floristica che, da Michele Tenore fino ai giorni nostri, ha prodotto un elevato numero di lavori scientifici che hanno coperto gran parte del territorio regionale. Anche i fitosociologi hanno prodotto un apprezzabile numero di studi sulla vegetazione, ma spesso questi lavori si sono concentrati sulle aree di maggior pregio ambientale, trascurando le aree seminaturali, antropizzate o comunque di minor interesse botanico.

Mefite dl’Ansanto, Rocca San Felice (AV): la più grande emissione mondiale di CO2 a bassa temperatura di origine non vulcanica (Chiodini et al., 2010).

La realizzazione di Carta della Natura ha aggiunto una visione complessiva che mancava, abbracciando l’intero territorio regionale, comprese le aree antropizzate, agricole e marginali, a naturalità diffusa. La cartografia degli habitat, associata alle carte derivate degli Indici di valutazione ecologico-ambientale, ha fornito al settore pubblico, come a quello privato, una base conoscitiva di partenza, molto spesso di per sé sufficiente per tutta una serie di attività che comportano una stima degli impatti sulla biodiversità regionale.

La Carta, fin dalla sua pubblicazione nel 2018, è stata di supporto alle valutazioni ambientali, siano esse di impatto ambientale, di incidenza o strategiche, permettendo all’amministrazione regionale un primo controllo sulle conseguenze che una determinata opera, piano o programma, avrebbero avuto sugli habitat – soprattutto se tutelati dalle norme europee – e sulla biodiversità ad essi associata.

Il supporto conoscitivo svolto dalla Carta ha avuto un aspetto importante nel rendere visibili in Campania habitat conosciuti dai botanici, dai geologi e in generale dagli addetti ai lavori, ma sconosciuti ai più, e in particolare, come detto, ai decisori politici e istruttori tecnici. Solo per citarne alcuni, pensiamo ad habitat rari o di limitata estensione quali i boschi di Betula pendula, Populus tremula, Platanus orientalis, oppure agli habitat legati al vulcanesimo, ai campi di fumarole e agli ambienti termali.

La Carta, a livello geografico più ampio, consente anche di evidenziare agevolmente la distribuzione geografica degli habitat della Penisola, rendendo ad esempio evidente il ruolo di cerniera biogeografica del territorio campano, che rappresenta in molti casi, sia per la flora sia per la fauna, il limite meridionale per alcune specie e settentrionale per altre. Ad esempio, la mappatura dei boschi ad ontano napoletano rappresenta una chiara dimostrazione di questo aspetto: evidenziando i poligoni mappati, appare evidente come la Campania rappresenti il limite settentrionale di diffusione della specie.

In definitiva, le conoscenze fin qui acquisite, unite al puntiforme censimento in atto degli habitat ed ai progressi tecnologici legati all’utilizzo di eventuali nuovi dati telerilevati a definizione sempre maggiore, potranno in futuro consentire una mappatura più rapida del territorio ad una scala ancora maggiore, aprendo nuove prospettive ad uno strumento di conoscenza della natura italiana, già oggi molto prezioso.

(foto in alto: il borgo di Cetara in Costiera Amalfitana, alle spalle i monti Lattari)
Salvatore Viglietti – Arpa Campania

s.viglietti@arpacampania.it

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