Trasmissione aerea del virus del Covid: le sperimentazioni di Arpa Piemonte

La questione di come si trasmette SARS-CoV-2 è ancora oggi controversa, soprattutto in riferimento alla trasmissione aerea. Poco prima dell’estate 2021, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e lo statunitense CDC (Centers for Diseases Control) hanno riconosciuto l’importanza della trasmissione per via aerea (OMS, 30 aprile 2021; US ​​CDC 7 maggio 2021, ISS 25 maggio 2021). In particolare, OMS afferma che: “le prove attuali suggeriscono che il virus si diffonde principalmente tra persone che sono a stretto contatto tra loro, in genere entro 1 metro (a corto raggio). Il virus può tuttavia diffondersi anche in ambienti chiusi scarsamente ventilati e/o affollati, dove le persone tendono a trascorrere periodi di tempo più lunghi. Questo perché gli aerosol rimangono sospesi nell’aria o viaggiano più lontano di 1 metro (lungo raggio).” La letteratura scientifica risulta a tutt’oggi carente di prove dirette volte a dimostrare la sussistenza della trasmissione aerogena per la mancanza di metodi analitici validati nella ricerca di coronavirus nella matrice aria.

Nell’intento di fornire uno strumento utile nelle nuove sfide sanitarie, il Centro regionale di biologia molecolare di Arpa Piemonte, in collaborazione con il Laboratorio di virologia molecolare e ricerca antivirale del Polo universitario San Luigi Gonzaga di Orbassano (TO), ha sviluppato, sperimentato e validato un metodo per il campionamento e l’analisi del SARS-CoV-2 in aria, dandone notizia alla comunità scientifica internazionale attraverso due articoli pubblicati nell’anno 2021.

Grazie al metodo sviluppato e la sua applicazione in campagne di prova ad hoc è stato possibile trarre le prime conclusioni, già nel gennaio 2021:

–      in ambiente esterno, il virus non è risultato rilevabile nell’aria;

–      negli ambiti ospedalieri, e in particolare all’interno dei reparti con presenza di malati anche caratterizzati da elevati carichi virali, le concentrazioni rilevabili del SARS-CoV-2 sono risultate generalmente molto contenute, anche in virtù dell’elevato tasso di ricambio dell’aria realizzato in tali aree (6-8 ricambi d’aria ogni ora);

–      in ambito domestico, al contrario, le concentrazioni di virus si sono rilevate più consistenti, fino a 40÷50 copie genomiche del virus al metro cubo di aria. Tali valori risultano fortemente influenzabili dalle frequenze di ricambio d’aria e dal numero di soggetti positivi presenti nelle abitazioni, oltreché dallo sviluppo dei sintomi più comuni della malattia (tosse secca) e dall’evolvere temporale della stessa (il carico virale del paziente tende a diminuire nel tempo e così anche la concentrazione del virus rinvenibile in aria).

La metodologia messa a punto da Arpa Piemonte, oggetto di pubblicazione scientifica internazionale, come mostra la tabella sopra riportata ha riguardato non solo la variazione delle concentrazioni al diminuire, col tempo, della carica virale, ma anche i diversi supporti che sono stati utilizzati per il prelievo dell’aria: filtri in fibra di vetro, filtri in Teflon (politetrafluoroetilene o PTFE) e campionatori a mezzo liquido (gorgogliatori). Importanti indicazioni per chi oggi volesse effettuare campionamenti di aria utilizzando questo metodo.

Sulla base del proprio lavoro l’Agenzia ha potuto inoltre attivare due sperimentazioni di particolare rilievo per la comprensione delle modalità di trasmissione del virus e del suo contenimento, proprio per validare e dare corpo alle recenti indicazioni dell’OMS e delle istituzioni poste a tutela della salute pubblica.

La prima di queste sperimentazioni ha tratto vantaggio dalla collaborazione con il gruppo di lavoro coordinato dall’ASL città di Torino e in particolare dal professor Giovanni Di Perri presso l’ospedale Amedeo di Savoia di Torino e si è incentrato in particolare sul campionamento delle emissioni di virus da parte di un paziente a carica nota che ha collaborato con l’Agenzia esercitandosi in differenti attività respiratorie (semplice respirazione, parlato, lettura). Il campionamento dell’aria è avvenuto oltre la distanza di 1.5 m dal paziente (senza mascherina e in un luogo chiuso) e ha fornito prova del fatto che il virus possa essere diffuso tramite aerosol ben oltre la distanza di sicurezza legata alla trasmissione tramite goccioline o droplet.

La dimostrazione scientifica dell’importanza della trasmissione aerogena del virus è attualmente oggetto di pubblicazione con un pool internazionale di scienziati in quanto fornisce evidenza della diretta correlazione tra emissione di particelle virali da parte di un soggetto positivo e il ritrovamento del virus nell’aria dell’ambiente abitato, trasportato oltre la distanza di un metro per mezzo di aerosol di dimensioni infinitesimali. Il tutto sulla base di un metodo affidabile, ripetibile e con incertezza nota.

Una seconda attività sperimentale di Arpa Piemonte ha riguardato una lunga campagna di monitoraggio dell’aria all’interno delle strutture ospedaliere della regione, coinvolgendo in particolare i reparti COVID, i reparti di terapia intensiva e subintensiva. Anche in questo caso, la stretta collaborazione richiesta ad Arpa dalle strutture ospedaliere pesantemente impegnate nell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 era finalizzata ad indagare ciò che ancora non era conosciuto e porre le misure necessarie per portare il personale e i pazienti nelle condizioni di massima sicurezza.

I risultati ottenuti hanno potuto confermare ciò che già suggerivano le proiezioni modellistiche in relazione alla efficacia di sistemi di ricambio di aria progettati conformemente alla legge e alle regole della buona tecnica nel minimizzare la presenza del virus nell’aria indoor e, di conseguenza, il rischio di contagio per gli operatori sanitari.

Soprattutto, una specifica attività svolta all’interno delle terapie intensive di un ospedale della regione ha potuto escludere la presenza del virus in aria pur in presenza di pazienti ad alta infettività e di manovre generatrici di aerosol come l’intubazione. Valutazioni di questo tipo possono consentire alla sanità di valutare, su base scientifica, l’aumento dei posti da mettere a disposizione.

Il direttore generale di Arpa Piemonte, Angelo Robotto: “Le attività di ricerca e sviluppo che Arpa Piemonte ha introdotto nell’ambito della virologia ambientale a supporto del sistema sanitario regionale e in collaborazione con il mondo accademico può rilevarsi importante per la gestione dell’attuale pandemia così come di eventuali future ondate epidemiche”.

Lo sforzo dell’Agenzia non si esaurisce con quanto riportato per la matrice aria, ma si estende sulle acque reflue campionate, a partire dal settembre 2020, nei 15 principali depuratori regionali. Qui, la virologia ambientale adattata ai campioni di refluo non depurato fornisce un cruciale anticipo sullo sviluppo di nuovi focolai infettivi così come sulla presenza di asintomatici non individuabili dai test diagnostici, fino ad appalesare l’efficacia della vaccinazione di massa nel ridurre la sintomatologia del Covid-19 nella popolazione servita dai depuratori oggetto di monitoraggio.

“La direzione della ricerca scientifica a protezione della salute pubblica non può che riguardare anche il monitoraggio dei patogeni nell’ambiente, attraverso tecniche di campionamento e di analisi sviluppate appositamente. Sono già in questi giorni in corso sperimentazioni analoghe a quelle degli ultimi mesi incentrate sui virus influenzali diffusi per via aerogena” conclude Angelo Robotto.

Il direttore del Laboratorio universitario di virologia molecolare, David Lembo: “La sinergia tra Arpa Piemonte e l’Università di Torino ha contribuito non solo alla messa a punto e alla validazione in campo di tecniche all’avanguardia di monitoraggio di SARS-CoV-2 nell’ambiente, ma anche alla formazione di nuove figure professionali capaci di applicarle. Grazie a questa collaborazione la Regione Piemonte si sta dotando di strumenti e di personale specializzato in virologia ambientale che sono essenziali per fronteggiare la presente emergenza sanitaria e per rispondere con efficacia alle prossime epidemie o pandemie che ciclicamente si presenteranno. Un bell’esempio di trasferimento tecnologico bidirezionale!”.

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