Inquinamento dell’aria: un problema complesso e articolato

Arpa Veneto ha incontrato oggi la stampa per illustrare una analisi sulla situazione dell’inquinamento atmosferico nella regione e sulle fonti dei diversi inquinanti.

L’inquinamento atmosferico

L’Agenzia Europea per l’Ambiente, nel report sulla qualità dell’aria in Europa pubblicato a novembre 2019, sottolinea che l’inquinamento atmosferico è il problema legato all’ambiente che più impatta sulla salute della popolazione mondiale e che è percepito dai cittadini europei come il più preoccupante dopo i cambiamenti climatici.

Non a caso, anche in Veneto nascono comitati locali, si sviluppa la sensibilità delle Associazioni ambientaliste, crescono le polemiche sui media come accade in questi giorni, anche tra soggetti rappresentativi di interessi diversi o confliggenti. Chi accusa il traffico e chi il riscaldamento, chi le industrie e chi l’agricoltura, a volte addirittura con letture dietrologiche.

L’importante, quando ci si occupa di ambiente ma più in generale di politiche pubbliche, è invece affrontare i problemi senza pregiudizi e impostazioni ideologiche, ma con un approccio “evidence based”.

Il compito di un’agenzia terza e indipendente

E questo è il compito di ARPAV, Agenzia tecnica terza e indipendente, che fonda per l’appunto sulla terzietà oltre che sulla trasparenza e sulla competenza tecnico scientifica, il proprio ruolo di garanzia della compatibilità e della sostenibilità dello sviluppo. 

Il nostro compito è produrre dati e conoscenza secondo i migliori standard tecnico scientifici internazionali e mettere tutto ciò a disposizione del pubblico e dei decisori, affinché le scelte pubbliche siano razionalmente fondate su solide basi tecnico scientifiche.

Per questo, per garantire questo livello di conoscenza allineato ai migliori standard internazionali, noi in ARPAV abbiamo circa 600 laureati in discipline diverse (scienze ambientali, fisica, matematica, biologia, chimica, ingegneria, scienze forestali,…) con dottorati di ricerca e specializzazioni all’estero, iscritti agli Ordini professionali e ai programmi di formazione permanente, che lavorano in rete con le Università e con il Sistema Nazionale di Protezione Ambientale, con l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e l’Istituto Superiore di Sanità. Per questo siamo certificati ISO 9001 e accreditati ISO 17025, con verifiche esterne indipendenti che garantiscono la certificazione dei sistemi di gestione, della qualità delle misure e l’accreditamento all’eccellenza.

I dati che fornisce ARPA Veneto e le informazioni che produciamo sono il risultato della ricerca e della conoscenza più avanzata nel mondo.

Ed esprimono una complessità che non può essere ridotta, ma deve essere gestita.

Non può essere banalizzata, né semplificata, né approcciata con pregiudizi o in maniera ideologica, né piegata a visioni di parte.

Questa è la nostra sfida, questo il nostro impegno.

E allora, qual è la situazione?

A livello continentale gli inquinanti con il maggior numero di superamenti dei valori limite sono: il particolato atmosferico PM10 e PM2.5, il biossido di azoto (soprattutto in aree urbane densamente popolate), il Benzo(a)pirene e l’ozono. Tra le diverse aree d’Europa la Pianura Padana si distingue per la scarsa qualità dell’aria, con diffusi superamenti dei limiti di tutti gli inquinanti sopra menzionati.

La cause di questa particolare situazione sono da ricercare in primo luogo nella conformazione morfologica del Bacino Padano che si presenta come un’area pianeggiante tra le più estese del continente, caratterizzata da differenze altimetriche minime e da regimi di ventosità molto scarsi, circondata da imponenti rilievi che impediscono il passaggio delle masse d’aria continentali. Inoltre quest’area è una delle aree più produttive d’Europa e da sola garantisce oltre la metà del prodotto interno lordo italiano. Questa realtà si fonda sulla presenza di una rete urbana e infrastrutturale unica in Europa, con oltre 26 milioni di abitanti, pari a circa il 40% della popolazione italiana in un’area che rappresenta poco più del 15% del territorio nazionale.

L’insieme di questi due fattori determina una situazione molto sfavorevole al rispetto degli standard di qualità dell’aria, in quanto in un’area relativamente piccola e con una limitata dispersività atmosferica, insiste un enorme carico emissivo, dovuto sia alla popolazione residente (traffico e riscaldamento), che alle attività che in essa si realizzano (settori produttivi, agricoltura e allevamento).

La situazione in Veneto

La qualità dell’aria in Veneto, pur con le criticità comuni del Bacino Padano, mostra un trend di lungo periodo in miglioramento per PM10, PM2.5 e biossido di azoto, con significative riduzioni delle concentrazioni di questi inquinanti rispetto ai primi anni 2000.

Durante il 2019 i dati misurati dalle 43 centraline fisse della rete aria hanno mostrato che il valore limite annuale del PM10 è stato rispettato in tutti i siti, mentre 29 stazioni su 36 superano ancora il valore limite giornaliero. Per quanto riguarda il PM2.5, 19 centraline su 21 rispettano il valore limite annuale. Il biossido di azoto resta sotto il valore limite annuale in 40 centraline su 41, mentre nella metà dei punti di campionamento viene rispettato il valore obiettivo per il Benzo(a)pirene. Per alcuni inquinanti, come il benzene, il monossido di carbonio e il biossido di zolfo, le concentrazioni rispettano i limiti oramai da molti anni, non rappresentando una criticità per la qualità dell’aria.

Nei primi quarantacinque giorni del 2020 si è registrato un incremento dei superamenti del valore limite giornaliero del PM10 del 25%-45% rispetto allo stesso periodo del 2019, a causa dei prolungati episodi di stabilità atmosferica, più frequenti rispetto al mese di gennaio del 2019. Attualmente nei capoluoghi di provincia, tranne Belluno, il limite giornaliero è stato appena superato (Treviso, Padova e Venezia), o siamo comunque vicini ai 35 giorni concessi dalla legge.

Le sorgenti emissive

Per quanto riguarda le sorgenti emissive che determinano lo stato della qualità dell’aria per un dato inquinante, spesso non è corretto attribuire ad un’unica fonte prevalente il relativo inquinamento. E’ il caso del PM10, costituito sia da una componente primaria (direttamente emessa dalle sorgenti), sia da una componente secondaria, che deriva dalle reazioni che avvengono in atmosfera tra varie sostanze, per lo più gassose. Il particolato secondario costituisce una frazione significativa del particolato totale, talvolta addirittura prevalente (specie nei mesi freddi) rispetto al PM primario. Soprattutto durante il periodo invernale, uno dei costituenti principali del particolato secondario è rappresentato dal nitrato d’ammonio, che forma particelle in prevalenza più piccole di 2.5 micron (particolato fine). Questo sale inorganico si forma dalla reazione degli ossidi di azoto, emessi soprattutto dalle sorgenti di traffico, con l’ammoniaca, abbondante nei liquami zootecnici.

Le sorgenti emissive più rilevanti ai fini dell’incremento delle concentrazioni del PM10 sono: il riscaldamento (32%), il traffico (24%), l’agricoltura/allevamento (20%) e l’industria (9%). Il riscaldamento domestico, con particolare riferimento all’uso di biomasse, incide significativamente sulla componente primaria del particolato, mentre il traffico e l’agrozootecnia impattano principalmente sulla formazione del particolato secondario.

Durante gli episodi di stagnazione, quando le condizioni di formazione del particolato secondario sono ottimali, gli inquinanti sono confinati e concentrati in poche decine di metri di altezza e si diffondono orizzontalmente anche a km dalle sorgenti. In questa situazione non esiste più zona urbana o zona rurale, ma un unico grande “reattore chimico” padano, in cui la formazione di particolato secondario tende a omogeneizzare i livelli di PM10 su vasta scala. In questa situazione è importante attuare strategie di riduzione delle emissioni a scala di bacino,al fine di massimizzare l’efficacia delle misure, agendo in maniera uniforme e coerente attraverso una pianificazione interregionale. L’Accordo di Bacino Padano, siglato nel 2017 tra Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto, ha lo scopo di promuovere misure comuni, integrative rispetto ai piani regionali, per ridurre efficacemente le emissioni dai settori emissivi chiave.

Il progetto Life Integrato PREPAIR

Il progetto Life Integrato PREPAIR, che ha coinvolto le regioni del Bacino Padano, ha come obiettivo entro l’inizio del 2024, quello di contribuire all’attuazione dei piani di qualità dell’aria di ciascuna regione partner e delle misure dell’Accordo di bacino padano su una più ampia scala territoriale, implementando anche Strumenti conoscitivi comuni.

Uno dei prodotti del Progetto Prepair è stata l’indagine conoscitiva sull’utilizzo della legna nel Bacino Padano, coordinata da ARPA Veneto, con 23.000 famiglie intervistate. Dai primi dati è emerso che 1 famiglia su 5 nel Bacino Padano e quasi 1 famiglia su 3 in Veneto utilizza abitualmente le biomasse (legna e pellet) per il riscaldamento. Inoltre a scala di Bacino, rispetto all’indagine ISTAT del 2013, si rileva un aumento dell’utilizzo del pellet, a discapito della legna (tendenza confermata anche in Veneto).

In questo contesto diventa strategico sostituire i vecchi apparecchi tradizionali (ad esempio i camini aperti) con dispositivi di ultima generazione, che hanno performance emissive di PM10 significativamente migliori.

L’Accordo di Bacino Padano stabilisce anche il ruolo delle Agenzie per la Protezione dell’Ambiente ovvero la realizzazione degli strumenti tecnici per l’individuazione delle situazioni di perdurante accumulo di PM10. ARPAV, a tale scopo, ha predisposto una pagina web dedicata, nella quale è riportato il “Bollettino dei Livelli di Allerta PM10” ovvero l’aggiornamento, effettuato nelle giornate di lunedì e giovedì, dello stato di allerta (verde, arancione o rossa) associato al numero di superamenti consecutivi raggiunti (minore o uguale a 3, almeno 4, almeno 10) in ciascuna zona. Il Bollettino è riportato sotto forma di mappa e di tabella con la caratterizzazione, in termini di stato di allerta, delle 25 zone individuate.

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