Studio di Arpa Veneto sulle performance di sensori low-cost per la misura del PM10

Negli ultimi anni si sono diffusi diversi tipi di sensori a basso costo (qualche decina di euro) per la determinazione di inquinanti atmosferici. ARPA Veneto, viste anche le diverse segnalazioni e richieste di informazioni da parte dell’utenza, ha deciso di intraprendere uno studio per comprendere potenzialità e limiti di un modello molto diffuso di sensore low-cost per il particolato, effettuando un rigoroso confronto con la strumentazione di riferimento, normalmente utilizzata per le misure ai sensi della norma. Infatti tra i sensori a basso costo, quelli che hanno avuto più successo tra la popolazione sono stati sicuramente quelli per la determinazione di PM10 e PM2.5

Questi dispositivi, per il cui assemblaggio e funzionamento esiste un’ampia documentazione online, effettuano delle misure di concentrazione del particolato con alte frequenze (anche ogni minuto), con la possibilità di pubblicare il dato su piattaforme online dedicate, in cui sono presenti un gran numero di dispositivi ubicati anche in Veneto.

Aria-Sensori-lowcost_Report-2020


Prendendo spunto da questo rapporto, abbiamo chiesto ad Alessandro Benassi che coordina il gruppo di lavoro SNPA sulla “Citizen science” di rispondere ad alcune domande.

l lavoro che Arpa Veneto ha fatto sui dispositivi di monitoraggio low-cost ha permesso di individuarne alcuni che possono essere considerati “affidabili” e con l’individuazione dello “scarto” fra i loro risultati e quelli delle stazioni di monitoraggio gestite dalle Arpa?

Questo primo studio di ARPAV è stato compiuto valutando le performance del modello di sensore low cost più diffuso tra i cittadini, a causa della grande mole di informazioni presente online sul suo funzionamento e relativo assemblaggio.  Questi sensori funzionano sul principio del light scattering come la gran parte dei modelli sul mercato e sia dallo studio che da dati di letteratura si può evincere che proprio al principio di funzionamento, e non tanto la strutturazione del sensore, è legata l’affidabilità di questi monitor. Infatti in condizioni di elevata umidità relativa, in particolare associata a fenomeni meteorologici di foschia o nebbia, la determinazione legata al light scattering può subire dei cali di performance, portando ad una significativa sovrastima del particolato. Tali condizioni purtroppo sono particolarmente frequenti specialmente durante i mesi invernali, proprio quando i livelli di particolato atmosferico sono massimi. D’altro canto le schede tecniche di molti modelli di sensori fanno espresso riferimento a necessità di funzionamento in condizioni di lavoro con umidità relative non estremamente alte, di solito inferiori al 70-80%. Purtroppo questa problematica, particolarmente importante nel caso di funzionamento dei sensori outdoor, non è conosciuta o tenuta in debita considerazione dagli utenti, che utilizzano nella grandissima parte dei casi questi strumenti all’aperto: per questo motivo lo studio ha cercato di evidenziare e circostanziare puntualmente il problema, per portarlo alla conoscenza del pubblico. Al contrario, si è appurato che in condizioni di lavoro ottimali, per esempio durante i mesi estivi (ma anche e soprattutto in ambienti indoor, con condizioni di umidità controllata), questi sensori presentano una discreta accuratezza e la possibilità di evidenziare fenomeni di variazione delle concentrazioni di particolato anche di durata molto breve, grazie all’elevata risoluzione temporale delle misure.

Questo lavoro può servire per definire un “protocollo di monitoraggio” che permetta di promuovere iniziative di citizen science?

Le iniziative di Citizen Science partono spesso e giustamente dai cittadini, in maniera spontanea. Proprio nel campo della qualità dell’aria, in Italia, vi sono gli esempi collaudati di tale fenomeno. Ne abbiamo recentemente parlato anche nel convegno Aree Fragili in cui hanno partecipato anche alcuni di noi attori del SNPA.

A volte i cittadini ci chiedono un confronto sulle misure che svolgono, altre volte no.

Quello che ci sembra importante sottolineare in questo contesto è che noi, operatori del SNPA, dobbiamo innanzitutto essere in grado di sapere come si comportano i misuratori più comunemente usati in queste sperimentazioni, quali sono le loro caratteristiche, in quali condizioni essi possano dare misure indicative ed in quali invece, magari, si dimostrino inaffidabili od inefficaci. Si tratta di un approfondimento che non è da considerarsi in opposizione o concorrenza con le misure e i sistemi di riferimento ufficiali, ma piuttosto come la premessa culturale per costruire un confronto con i cittadini e condividere con essi il percorso di conoscenza su questa tipologia di sensori.

Secondo lei sarebbe auspicabile che il SNPA si facesse promotore di iniziative di citizen science, ed in quali campi?

Personalmente ritengo che la CS sia un tema su cui tutti noi, operatori del SNPA, dobbiamo prestare attenzione, proponendo atteggiamenti positivi e costruttivi. E’ una realtà attraverso la quale potremo anche  veicolare i contenuti e le numerosissime informazioni prodotte dal Sistema, fornendo degli importanti spunti di educazione ambientale.

Come già accennato, quello che non va dimenticato è la componente spontanea del fenomeno, il fatto che le iniziative nascano da bisogni specifici, interessi ed attenzioni che si rendono evidenti nelle singole realtà territoriali.

Per questo, di fronte ad una realtà in così forte sviluppo, ritengo che sia importante prioritariamente dotare il SNPA di uno strumento di osservazione delle iniziative di CS. Dall’esperienza nascerà, sono sicuro, una capacità del Sistema di saper sempre meglio e sempre più valorizzare i grandi vantaggi di queste sperimentazioni, in qualsiasi campo ambientale esse siano applicate.

A breve inizieremo a raccogliere in maniera più sistematica di quanto fatto finora, i progetti con componenti di Citizen Science che hanno visto coinvolti, a vario titolo, Agenzie Ambientali o ISPRA. Non vorremmo solo costruire un ennesimo catalogo che rischierebbe di diventare vecchio non appena concluso, quanto cominciare a creare punti di riferimento per chi volesse affrontare progetti di CS. Molti cittadini hanno voglia di partecipare in prima persona ad iniziative, anche sperimentali, in campo ambientale: si tratterebbe semplicemente di diventare partner affidabili ed autorevoli in questi processi. L’importante è non creare una rete troppo rigida, impermeabile e con regole di ingaggio troppo complesse . Così facendo  ci troveremmo fuori da un fenomeno che nasce “spontaneo” , dove il cittadino può (non deve!) rivolgersi all’istituzione per partecipare e non per essere giudicato.

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