Foca monaca in Puglia, iniziate attività di monitoraggio

Avvistamenti e ritrovamenti di particolare rilevanza in Puglia, avvenuti nel 2020 e 2021, hanno portato Ispra e Arpa Puglia ad avviare un progetto per monitorare la presenza della specie a rischio di estinzione. Nel gennaio 2020 è stato ritrovato un giovane cucciolo, che si è spiaggiato in prossimità di San Cataldo ed è poi deceduto. Nel corso del 2021 sono stati segnalati diversi avvistamenti di Foca monaca lungo la costa pugliese nei comuni di Gallipoli, Nardò e Porto Cesareo, nonché in Basilicata e Calabria.

La foca monaca del Mediterraneo (Monachus monachus) in Italia sopravviveva fino alla metà del secolo scorso in alcune località continentali, in Sicilia, Sardegna e nelle isole minori. L’assenza di evidenza di attività riproduttive e la complessiva riduzione degli avvistamenti a partire dagli anni Ottanta ha portato a considerare la scomparsa della specie dalle coste italiane. Ciononostante le segnalazioni di esemplari di questa specie hanno continuato a verificarsi in diverse località italiane, soprattutto quelle insulari e quelle più vicine ai rimanenti nuclei riproduttivi mediterranei. Le ripetute segnalazioni di avvistamenti validati negli ultimi venti anni nelle isole minori della Sicilia occidentale, della Sardegna e della Puglia, nonché l’evidenza documentale ottenuta da ISPRA mediante monitoraggio in alcuni siti costieri italiani suggeriscono che la frequentazione degli esemplari avviene con regolarità in ampi areali comprendenti le suddette località.

Le coste del Salento rappresentano un areale di ripartizione storica della Foca monaca del Mediterraneo in quanto sono caratterizzate da un’estesa fascia costiera in cui sono presenti numerose grotte marine con ingressi aerei/sommersi. Alcune di queste grotte presentano aree interne emerse con caratteristiche idonee alla frequentazione della specie ai fini riproduttivi e di riposo. Per quanto riguarda la Puglia, le notizie storiche bibliografiche descrivono la presenza della specie alle isole Tremiti e soprattutto nel Salento, lungo i litorali di Torre dell’Orso e tra Otranto e Leuca. Non mancano inoltre segnalazioni di osservazioni o catture storiche della specie nella zona più sudoccidentale del Salento quale il litorale di Ugento, di Gallipoli e Santa Caterina. Nonostante non vi siano notizie aggiornate sulla presenza regolare della specie da decenni, e tanto più su attività riproduttive, le ripetute segnalazioni di avvistamenti riportate dai cittadini, molte delle quali caratterizzate da prove documentali inequivocabili, indicano che l’areale costiero della Puglia meridionale continua ad essere interessato dalla frequentazione di esemplari di Foca monaca. Tali segnalazioni non stupiscono in quanto nell’ultimo decennio si è assistito ad un fenomeno di espansione della specie in diverse località del Mediterraneo dove questa era precedentemente considerata assente. Considerata la vicinanza della Puglia alle principali colonie riproduttive situate nelle isole della Grecia ionica e la capacità di spostamento della specie (qualche decina di chilometri al giorno) non si può escludere che esemplari provenienti da queste colonie possano frequentare le coste Pugliesi con regolarità e per periodi più o meno estesi.

Nel corso del 2020 e 2021, in Puglia, si sono verificati alcuni avvistamenti e ritrovamenti di particolare rilevanza. I risultati condotti a seguito della morte del cucciolo ritrovato in prossimità di San Cataldo nel gennaio 2020 hanno evidenziato uno stato di infezione da morbillivirus e dal parassita Toxoplasma gondii, ipotizzando quest’ultimo quale agente responsabile per l’insorgenza della meningoencefalite e delle lesioni polmonari e quale causa della morte in associazione all’infezione da morbillivirus. Sebbene l’esemplare fosse ancora molto giovane, la mancanza di dati specifici di monitoraggio in situ non permette di confermare se il cucciolo sia nato lungo le coste della Puglia o della vicine coste greche. Glia avvistamenti avvenuti lungo la costa pugliese, in Basilicata e Calabria – riportate dai cittadini e validate da ISPRA tramite specifico  protocollo, corredate in alcuni casi da prove documentali – si sono verificate su un arco temporale esteso dall’inverno fino alla tarda primavera.

Per quanto riguarda l’avvistamento avvenuto nell’Area Marina Protetta (AMP) di Porto Cesareo, l’ISPRA ha contattato il Direttore dell’AMP, per condividere le buone prassi da applicare in caso di nuovi avvistamenti, in modo che fossero comunicate agli operatori della pesca che operano nell’AMP. Considerata la distribuzione degli avvistamenti si è inoltre ritenuto opportuno avviare uno studio pilota di monitoraggio teso a raccogliere delle informazioni che possano confermare la frequentazione della specie nel tempo e nello spazio tramite il monitoraggio delle grotte marine potenzialmente frequentabili dalla specie.Per tale studio è stata scelta l’area compresa nella Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Torre Uluzzo ed aree limitrofi, che presenta grotte di potenziale interesse per la specie. Di conseguenza, acquisito il parere della Regione Puglia e del comune di Nardò, in qualità di ente di gestione dello ZSC Torre Uluzzo, è stata avviata una attività di monitoraggio per raccogliere specifiche informazioni sulla possibile futura frequentazione  del tratto di costa interessato dagli avvistamenti del 2021.

Nel corso del mese di giugno 2021, il personale ISPRA afferente all’Area Tutela della Biodiversità, habitat e specie marine protette, in collaborazione con il personale afferente al Centro Regionale Mare dell’ARPA Puglia, ha effettuato una ricognizione delle grotte marine censite e distribuite nello ZSC Torre Uluzzo e nelle aree costiere immediatamente limitrofi. Le grotte visitate sono state scelte in base alle loro caratteristiche descritte in bibliografia. Il sopralluogo ha avuto  come oggetto la verifica della presenza di eventuale tracce e resti organici e la valutazione dell’adeguatezza di ciascuna grotta quale sito di riposo per la specie e ai fini del monitoraggio. La grotta “Paolo Roversi” situata in prossimità di Torre dell’Alto, già nota in quanto sito frequentato storicamente dalla specie, è stata scelta come sito di monitoraggio specifico. In questa grotta è stata collocata una foto trappola appositamente modificata in via sperimentale per permettere un prolungato periodo di monitoraggio in ambiente marino emerso. Il personale di ARPA Puglia ha inoltre collaborato all’iniziativa raccogliendo campioni funzionali ad uno studio sperimentale sul DNA ambientale (in fase di sviluppo in ISPRA). Le attività di campo svolte da ISPRA e ARPA Puglia sono state svolte anche grazie al supporto del personale dell’Area Sviluppo del Territorio e Ambiente del Comune di Nardò, nonché del personale e del mezzo nautico messi a disposizione dall’Area Marina Protetta di Porto Cesareo. Nel corso dell’autunno 2021 saranno svolte ulteriori attività di campo per verificare il regolare funzionamento dell’apparecchiatura dislocata nella grotta e per attuare eventuali misure correttive, nonché per raccogliere ulteriori campioni ambientali.

(Giulia Mo, Ispra)

 

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