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Le procedure di infrazione europea a carico dell’Italia in materia di ambiente

In questa articolo, come già fatto per le infrazioni in tema “rifiuti” e “acque”, facciamo il punto sulle altre procedure in materia ambientale attualmente pendenti per il nostro Paese, entrando nel merito delle singole infrazioni e cercando di approfondirne le motivazioni e l’andamento.

Nella tabella che segue per ogni infrazione si riporta il tipo di inadempienza, la norma europea violata o non recepita, l’argomento e la fase dell’iter procedurale.

A margine della notizia una breve descrizione di cosa sono e come si svolgono le procedure di infrazione europee può aiutare nella lettura.

ProceduraTipo inadempienzaDirettiva violata/non recepitaArgomentoFase
 2020/2299 sbagliata applicazione 2008/50 Qualità aria
 2020/2220 sbagliata applicazione 2016/2284 Emissioni1
 2020/2111 sbagliata applicazione 2004/35 Responsabilità ambientale1
 2019/2308 sbagliata applicazione 2014/52 VIA1
 2019/0329 mancato recepimento 2018/410 Emissioni
2015/2163 sbagliata applicazione1992/43Natura 1
2015/2043sbagliata applicazione 2008/50Qualità aria3
2014/2147sbagliata applicazione2008/50Qualità aria3
2013/2177sbagliata applicazione2008/1 poi 2010/75IPPC/IED2
2013/2022sbagliata applicazione2002/49Rumore 2

Aria ed emissioni

La direttiva 2008/50 relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa è oggetto di tre infrazioni, per i tre inquinanti PM10, PM2,5 e biossido di azoto.

La prima infrazione, 2014/2147, si concretizza nel 2020 nella sentenza di condanna da parte della Corte europea di giustizia (causa 644/18); secondo la Commissione, dal 2008 l’Italia ha superato, in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10 e non ha adottato misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate. Le Regioni coinvolte in questa sentenza sono: Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.

Per la seconda infrazione (2015/2043) la Commissione apre un contenzioso facendo ricorso alla Corte europea di giustizia (causa 573/19) per il superamento sistematico e continuato dei valori limite del biossido di azoto e per non aver adottato misure appropriate per garantirne il rispetto dei valori limite. Le regioni coinvolte sono Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Toscana.

Nel 2020 la Commissione dà avvio all’ultima procedura di infrazione (2020/2299) relativamente al PM2,5. Fin dal 2015, infatti, il valore limite per il PM2,5 non è stato rispettato in diverse città della valle del Po, tra cui Venezia, Padova e alcune zone nei pressi di Milano. Inoltre, le misure previste dall’Italia non sono sufficienti a mantenere il periodo di superamento il più breve possibile.

Tra le varie iniziative messe in campo dall’Italia per la risoluzione delle procedure ricordiamo

  • il Protocollo antismog del 2019 che prevede, tra le varie misure, “almeno fino alla chiusura delle procedure di infrazione relativa ai valori limite del PM10 e del biossido di azoto sul territorio nazionale, misure di incentivazione per la sostituzione degli impianti termici esistenti alimentati a biomassa con nuovi impianti termici alimentati a biomassa” e l’impegno ad “accelerare l’uscita dal carbone per le centrali termoelettriche che ricadono nelle aree oggetto delle procedure di infrazione..”
  • l’adozione degli accordi tra Stato, Regioni e Province autonome per il miglioramento della qualità dell’aria (si veda ad esempio quello toscano sottoscritto nel 2020)

In tema di emissioni, l’Italia ha due procedure pendenti, entrambe aperte nell’ultimo anno e per le quali ha già provveduto a mettersi in regola:

  1. la Commissione dà avvio nel novembre 2019 alla procedura di infrazione 2019/0329 per il mancato recepimento della direttiva 2018/410, essendo scaduto il termine per il recepimento il 9 ottobre 2019. L’Italia pubblica nel mese di giugno 2020 il DLgs 47/2020 di attuazione della direttiva.
  2. l’apertura della procedura di infrazione 2020/2220 riguarda l’approvazione definitiva del programma di controllo, ovvero il piano che definisce le misure da attuare in Italia fino al 2030 per rispettare i tetti alle emissioni di alcuni inquinanti imposti dalla direttiva sui limiti nazionali di emissione (NEC). Il piano è trasmesso alla Commissione Europea nei tempi previsti e verrà confermato nella sua versione definitiva a chiusura della procedura di VAS, obbligatoria per tale tipologia di Piano, prevista entro la fine dell’anno.

Altre tematiche: natura, rumore, VIA, responsabilità ambientale ed ILVA

Nel 2015 la Commissione dà avvio alla procedura 2015/2163 perché ritiene violate alcune norme della direttiva 92/43 (Habitat) che prevede l’istituzione di una rete europea di “Zone Speciali di Conservazione” (ZSC) e l’obbligo da parte degli Stati, una volta istituite le ZSC, di applicare a tali aree robuste misure di conservazione. L’Italia non rispetta infatti i tempi previsti per l’istituzione delle ZSC e non sono adottate le “misure di conservazione” per tutte le aree. Nel 2019 la Commissione invia una nuova lettera di costituzione in mora perché non sono ancora stati designati come zone speciali di conservazione 463 siti di importanza comunitaria per i quali sono scaduti i termini. Inoltre l’Italia ha omesso, in modo generale e persistente, di fissare obiettivi dettagliati di conservazione specifici per sito e di stabilire le necessarie misure di conservazione corrispondenti alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali in tutte le 19 regioni e in 2 province autonome.

Nel 2013 la Commissione dà avvio alla procedura di infrazione 2013/2022 per l’inadempimento agli obblighi sanciti dagli artt. 7 e 8 della direttiva 2002/40 sulla gestione del rumore ambientale. L’Italia infatti non ha ancora ultimato la predisposizione di tutte le “mappe strategiche” relative alle zone sensibili del Paese e non ha ancora approntato nessun “piano d’azione”. Per questa procedura la Commissione invia nel 2018 un parere motivato al nostro Paese perché per 17 agglomerati e 22 assi stradali principali esterni non sarebbero state predisposte, nemmeno per la prima volta, le “mappe acustiche strategiche”, per 32 agglomerati, 858 assi stradali esterni e un asse ferroviario principale esterno non sarebbero stati ancora predisposti, neanche per la prima volta, i “piani di azione” e in qualche caso sarebbero state violate le norme sulla partecipazione del pubblico all’elaborazione dei piani d’azione.

La Commissione, con la procedura 2019/2308, dichiara la non conformità della legislazione italiana con la direttiva 2014/52 che modifica la direttiva 2011/92, relativa alla valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati. Il DLgs 104/2017 non risulta infatti conforme. Le carenze nel diritto nazionale riguardano, tra l’altro, le modalità di consultazione del pubblico, le norme che disciplinano le consultazioni transfrontaliere nel caso dei progetti proposti in Italia che potrebbero interessare altri Stati membri, la comunicazione di informazioni pratiche sull’accesso alla giustizia e i sistemi messi in atto per evitare i conflitti di interesse.

La Commissione europea avvia la procedura di infrazione 2020/2111, sul non corretto recepimento dell’articolo 12, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2004/35 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che consente a tutte le categorie di persone fisiche e giuridiche di chiedere all’autorità competente di adottare misure di riparazione del danno ambientale. La Commissione ritiene che la legislazione italiana non copra pienamente tutte le categorie di aventi diritto. Il Ministero dell’Ambiente sta lavorando alla revisione delle disposizioni vigenti secondo le indicazioni e se ne prevede la conclusione entro il 2020.

Nel 2013 la Commissione dà avvio alla procedura 2013/2177, perché, in riferimento allo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto, le Autorità nazionali non si sarebbero attivate abbastanza per garantire che l’ILVA si uniformasse all’AIA, rendendosi, quindi, responsabili della violazione dell’obbligo di “vigilanza”. La Commissione, non avendo avuto riscontri positivi alla lettera di costituzione in mora, invia un parere motivato con il quale segnala le seguenti infrazioni: mancata riduzione dei livelli di emissione generati dalla produzione dell’acciaio, insufficiente monitoraggio del suolo e delle acque reflue, carente gestione dei sottoprodotti e dei rifiuti, inosservanza delle condizioni stabilite per le AIA dalla direttiva IED. 


Iter delle procedure di infrazione
La Commissione europea, che ha la responsabilità di verificare il rispetto del diritto Ue negli stati membri, può intervenire in due casi: quando non viene recepita integralmente una determinata direttiva entro il termine stabilito, oppure quando le norme non vengono applicate correttamente. Nel dettaglio una procedura d’infrazione può essere avviata per tre motivi:

  • mancata comunicazione, se lo stato membro non comunica in tempo alla Commissione le misure scelte per implementare la direttiva
  • mancato recepimento, quando la Commissione valuta la legislazione dello stato membro non in linea con le indicazioni della legislazione europea
  • sbagliata applicazione, qualora la legge europea non venga applicata, o sia applicata incorrettamente, dallo stato membro

Le procedure di infrazione, oltre ad essere avviate da indagini interne della Commissione, possono avere inizio anche per una denuncia di non rispetto del diritto europeo da parte di cittadini, aziende e organizzazioni non governative. Quattro sono le possibili fasi in cui si può trovare una procedura di infrazione, le prime due sono il precontenzioso e le altre due il contenzioso

  1. (art 258) la Commissione europea manda una lettera di costituzione in mora al governo del paese sotto indagine, che deve rispondere con spiegazioni entro un tempo prefissato.
  2. se lo stato membro non risponde, o risponde in maniera non soddisfacente, la Commissione può decidere di mandare un parere motivato in cui chiede di adempiere alle mancanze normative entro un dato giorno
  3. se lo stato membro continua a non adempiere, la Commissione può decidere di aprire un contenzioso facendo ricorso alla Corte europea di giustizia; se quest’ultima ritiene che il paese in questione abbia effettivamente violato il diritto dell’unione, può emettere una sentenza richiedendo alle autorità nazionali di adottare le giuste misure per adeguarsi.
  4. (art 260) se, nonostante la sentenza della Corte di giustizia, il paese continua a non correggere la situazione, la Commissione può deferirlo nuovamente alla Corte proponendo che questa imponga sanzioni pecuniarie (somma forfettaria e/o pagamenti giornalieri).

Per approfondire:

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