AssoArpa sulla questione dell’inquadramento contrattuale dei biologi, chimici e fisici nelle Arpa

Circola in questi giorni una richiesta di adesione da parte di Anaao-Assomed ad una petizione sulla piattaforma change.org lanciata da alcuni dipendenti Arpa. La richiesta di Anaao-Assomed contiene delle evidenti falsità che necessitano di una ferma smentita.

La questione è legata all’emendamento 135.20 al Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023, che cercava di porre rimedio ad una situazione gestionale e organizzativa delle Arpa, divenuta insostenibile a causa di un atteggiamento ostile e corporativo, a tratti intimidatorio, degli Ordini delle professioni sanitarie e di alcune sigle sindacali.

L’emendamento a prima firma Chiara Braga sebbene condiviso da tutta la maggioranza parlamentare e da altri gruppi di opposizione è stato respinto con parere contrario del Ministero della Salute.

Non corrisponde assolutamente al vero che l’emendamento 135.20 intendesse agire sui diritti dei lavoratori, ed in particolare “togliere la dirigenza sanitaria ai colleghi delle ARPA”, come sostenuto in maniera a dir poco strumentale dalla predetta Associazione sindacale.

E’ sufficiente leggere con attenzione il testo della proposta normativa in questione per comprendere come la ratio della disposizione non fosse quella di procedere ad un “declassamento” dei dirigenti sanitari già in servizio presso le Agenzie.

Peraltro, al di là della ratio e degli intendimenti degli estensori dell’emendamento, è a tutti evidente che una modifica normativa che andasse ad incidere retroattivamente su diritti acquisiti dei lavoratori, declinati da tempo nei contratti collettivi ed individuali, potrebbe presentare profili di illegittimità che nessuno intende perpetrare.

E’ altresì non corrispondente al vero che le Agenzie Ambientali intendono in futuro “assumere solo nel comparto”. E’ vero invece che le Arpa, e quindi AssoArpa, vogliono porre in essere realistiche politiche di valorizzazione delle risorse umane, prevedendo accessi alla dirigenza ambientale orientati a soddisfare effettive esigenze organizzative e non formalistiche rivendicazioni corporative

Il problema nasce dall’approvazione della legge 3/2018 e dalla qualificazione di talune professioni come “professioni sanitarie”. Su queste basi, taluni Ordini professionali e Anaao fanno derivare la pretesa che i biologi, chimici e fisici non possano più essere assunti e inquadrati nel comparto in cat. D, ma debbano essere inquadrati esclusivamente nella dirigenza del ruolo sanitario.

È del tutto evidente che tale impostazione, lungi dal tutelare i singoli lavoratori né tanto meno l’interesse pubblico, limiterebbe in maniera drammatica le opportunità assunzionali per questi professionisti nonché, come derivata, le stesse capacità operative delle ARPA.

La richiesta di inquadramento esclusivamente nella dirigenza sanitaria ribalta completamente l’impostazione contrattuale prevista per le ARPA dai CCNL del 2001, 2005 e 2010, impostazione che ha consentito negli ultimi vent’anni moltissime assunzioni nelle Agenzie, con numeri assai cospicui nel comparto e anche con un importante accesso alla dirigenza. Questo è tanto più importante oggi che, dopo anni di blocco assunzionale, ci accingiamo ad entrare in una importante stagione di reclutamento, anche nei ruoli dirigenziali. In tal senso, limitare le possibilità di ingresso alla sola dirigenza sanitaria significa in buona sostanza contrarre le possibilità di assunzione, posizionandole su numeri assai più esigui, oltre a porre ai singoli candidati gravi problemi di accesso per la nota questione della mancanza delle scuole di specializzazione.

Dal punto di vista organizzativo, la richiesta degli Ordini diminuisce le capacità operative delle ARPA ed è distorsiva dell’organizzazione del lavoro, limitando in termini numerici le risorse umane destinate alle attività di controllo e creando posizioni economiche e giuridiche con diverse tutele e diverso trattamento giuridico/economico per posizioni organizzative e funzionali del tutto equivalenti. Le Agenzie sono infatti deputate ad attività di monitoraggio e controllo ambientale complesse, che possono essere svolte da professionisti di diversa estrazione, con diverse formazioni e specializzazioni, nell’ambito di organizzazioni multidisciplinari e multiprofessionali. Si tratta di attività cui concorrono, sullo stesso livello e con pari dignità, professionalità diverse. Per tutte queste professioni è previsto l’ingresso in categoria D, con numeri capienti, e la possibilità di accedere alla dirigenza con 5 anni di anzianità e non sono condivisibili sperequazioni nell’individuazione di percorsi contrattuali e di carriera.

Le conseguenze di quella che alcuni Ordini professionali e l’Anaao stanno celebrando come una vittoria possono rivelarsi dunque estremamente negative, già nell’immediato, in primis proprio per le categorie che gli Ordini medesimi dovrebbero tutelare.

Ad esempio, i molti biologi, chimici e fisici oggi in servizio presso le ARPA in categoria D non sarebbero mai stati assunti, se fosse stata applicata tale visione dell’ordinamento professionale e della contrattualistica; ed applicandola, non potremmo più bandire i concorsi specifici per CTP biologi, chimici e fisici già in programma, che consentirebbero il reclutamento di giovani professionisti in categoria D e l’opportunità di stabilizzazione ai colleghi oggi assunti a tempo determinato. In questo quadro di incertezza va inoltre messo un punto fermo sulle regole di accesso per i concorsi per dirigente ambientale. Non solo perché l’accesso alla dirigenza del ruolo sanitario da molti anni non rientra nella strategia delle Agenzie (ciò introdurrebbe in maniera sperequativa figure professionali con trattamento giuridico ed economico differente per svolgere attività dirigenziali del tutto analoghe a quelle di altre professioni) ma perché tale percorso non sarebbe nella pratica comunque percorribile, essendo universalmente noto che il requisito prescritto in tal caso (quello della specializzazione triennale) non è nella sostanza conseguibile per l’assenza di Scuole di specializzazione triennali in materia ambientale. Su questo punto sembrerebbe anche convergere il Ministero della Salute, che pur esprimendo parere contrario al citato emendamento 135.20, conferma che le Arpa non sono Enti del Servizio Sanitario, e che i biologi, chimici e fisici sono inquadrati con un ruolo tecnico non sanitario (es.: Dirigente Ambientale).

Il respingimento dell’emendamento parlamentare è dunque un passaggio negativo per le Agenzie e per tutti i collaboratori, in particolare per i biologi, i chimici e i fisici.

Come Agenzie, come Snpa e come AssoArpa, continueremo a lavorare per individuare una soluzione unitaria e aperta al confronto, che consenta a tutti i nostri professionisti (biologi, chimici, fisici, ingegneri, geologi, agronomi, forestali, naturalisti, scienziati ambientali, avvocati, urbanisti, etc. …) di accedere all’impiego e alla dirigenza, con pari condizioni economiche e giuridiche per attività evidentemente parimenti importanti, nella multidisciplinarietà che caratterizza la tutela ambientale, tra professioni diverse e tutte necessarie per le attività di ARPA, senza sperequazioni e in una logica di valorizzazione delle persone, delle competenze e delle eccellenze che caratterizzano il sistema.

Le nostre non sono mere rivendicazioni datoriali ma un’esigenza fondamentale di carattere organizzativo, necessaria per la corretta implementazione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA) da parte del Snpa, come detto un progetto di valorizzazione utile al rilancio del Paese.

L’ufficio di Presidenza AssoArpa

13 pensieri su “AssoArpa sulla questione dell’inquadramento contrattuale dei biologi, chimici e fisici nelle Arpa

  1. Date spazio ad AssoArpa, senza contraddittorio. Ma siete la rivista del Sistema Agenziale o di AssoArpa? Mi piacerebbe saperlo perché, altrimenti, dovreste dare uguale spazio alle associazioni sindacali e agli ordini professionali, quelli che ci stanno tenendo informati in quanto iscritti e dalle quali riceviamo informazioni diverse. Buona fine e buon principio.

    1. Vorrei far notare che fino a ieri, su questo sito era presente un articolo che descriveva un pericolo imminente per i controlli ambientali, monitoraggi ecc..per via della bocciatura dell’emendamento ormai famoso 135.20. Ebbene questo articolo, che dai commenti scritti sotto dai colleghi non aveva ricevuto consensi positivi, è stato prontamente rimosso e sostituito con l’ennesimo comunicato stampa di AssoArpa che ricanta la sua solita versione dei fatti senza alcun contraddittorio. E’ un peccato che è stato rimosso l’articolo di ieri, perché dai commenti sottostanti si evidenziava il vero disagio di uomini e donne plurispecializzati e sottoinquadrati (come diceva giustamente un collega ieri nei commenti trattati economicamente allo stesso livello di un collaboratore con titolo di studio di scuola media inferiore) che con il loro lavoro quotidiano sono la vera essenza delle Agenzie.
      Non ci resta che condividere le azioni fatte dai vari sindacati, a questo punto a partire dai sanitari, in quanto è il primo passo verso la rottura di uno schema che vede un livellamento verso il basso di tutti, in funzione di una multidisciplinarità dove tutti fanno tutti..e questo purtroppo è sinonimo che nello specifico nessuno fa niente. Credo che tutti i colleghi devono riproporre di nuovo i loro commenti in questa sezione sotto questo articola, facendo restare viva la loro voce è il loro punto di vista. Uniti si vince. Buon anno a tutti.

  2. La verità e che non si può pretendere di avere personale altamente qualificato pagandolo come un diplomato. Avevo dei colleghi diplomati che dopo 3 anni venivano inquadrati nella stessa fascia di un laureato triennale, evidenziando “quanto le nostre lauree siano valorizzate”. Tra l’altro la maggior parte dei colleghi ha al minimo una laurea magistrale. Vorrei specificare che 5 anni di studio senza lavorare significa andare in pensione più tardi e/o avere una pensione più bassa. Mentre i diplomati già lavoravano noi eravamo sui libri cercando di professionalizzarci pagandoci anche le tasse universitarie, gli affitti e i libri.
    Bisogna puntare a valorizzare le persone anche perché molte appena hanno avuto la possibilità sono “scappate” in quanto gli venivano offerti migliori contratti e/o possibilità di crescita di professionale. Questo significa perdere preziose risorse che hanno sempre contribuito alla crescita dell’Agenzia. Valorizzando il personale tra l’altro ci si potrebbe occupare anche di progetti di ricerca che dovrebbero portare anche dei soldi all’agenzia e in senso generale migliorare il servizio.

  3. Condivido quanto scritto sopra, non c’è contradditorio e la posizione di Assoarpa è più che mai uguale a certe posizioni datoriali anacronistiche.
    Alcune cose si possono condividere, ma la strada che state segnando è un livellamento verso il basso delle figure professionali che devono essere presenti nelle ARPA.
    Occorre rivedere molto anche dal punto di vista sindacale le figure professionali da inquadrare da un punto di vista giuridico per evidenziare anche percorsi di carriera per chi in possesso di laurea entra nel comparto al livello D.
    Occorre prevedere posti anche per periti industriali che possono svolgere tante attività.
    Per non andare sulla figura del personale di vigilanza ed ispezione che è un capitolo a parte.
    Falso che non volete uscire dagli inquadramenti del ruolo sanitario: si stanno facendo solo assunzioni nel ruolo tecnico in tante realtà.
    Assoarpa dice che le Arpa non enti del servizio sanitario, è una frase che semplicemente non sta in piedi. Si afferma sempre di più che occorre tornare al collegamento stato dell’ambiente e stato della salute disgregato dallo scellerato referendum del 1993 e adesso vi dichiarate fuori dal sistema sanitario? Vergognoso.
    Non sapete nemmeno la distinzione tra ruolo tecnico e ruolo sanitario: in sanità ci sono figure che non sono ruoli sanitari svolgendo altre mansioni. Di cosa parlate.
    Preoccupatevi di fare andare avanti la contrattazione collettiva per le Agenzie ambientali che da più di 20 anni non viene nemmeno affrontato e dichiarate di volere uscire dal contratto della sanità se ne avete il coraggio.

  4. Bè se non altro è chiaro che la figura del Tecnico della prevenzione non interessa al Sistema delle Agenzie.
    Difatti in questo articolo non viene neanche citata tra i “professionisti” che lavorano per la tutela ambientale.
    Peccato che trattasi di una delle figure professionali basilare dei Servizi Territoriali, alla cui esperienza lavorativa è stato attinto a piene mani senza però mai volerne riconoscere i meriti e un percorso di crescita professionale.
    Vorrei inoltre ricordare che i Tecnici della prevenzione non sono solo quelle vecchie figure (anche un pò fastidiose) solo diplomate ma con tanta esperienza sul campo che magari si occupavano di tutela ambientale già prima della nascita delle Arpa e che ad esse hanno aderito credendoci, ora sono anche laureati…triennale e magistrale.. ma tranquilli se non li assumerete scompariremo tutti piano piano per pensionamento. Buon anno e buon lavoro a tutti

  5. DIECI PUNTI PER LA RISPOSTA ALLA DISINFORMAZIONE DI ASSOARPA

    In risposta al documento di ASSOARPA e in estrema sintesi si dovrebbe ricordare che:
    1. le direzione delle ARPA hanno favorito in questi anni la trasformazione delle agenzie da laboratori e strutture di controllo e consulenza altamente specialistica in produttori primari di pareri tecnici anche a basso contenuto tecnico-scientifico (parerifici) questi ultimi propri degli uffici tecnici degli Enti Locali. Questo ha portato ad un aggravio notevole di lavoro a bassa specializzazione che ha ridotto la professionalità degli operatori e ha spostato l’attenzione dagli altri compiti a maggior complessità tecnica e scientifica (interventi di secondo livello) e dalla ricerca in campo ambientale e sanitario;
    2. le criticità attuali in molte ARPA sono dovute inoltre alle politiche recenti e storiche dei DG ARPA sostenute da ASSOARPA che non hanno reso possibile il turnover dei dirigenti sanitari andati in pensione negli anni scorsi;
    3. nello stesso tempo le ARPA hanno proceduto alla progressiva riduzione delle strutture e degli incarichi dirigenziali che per il CCNL della sanità corrispondono alle specifiche funzioni e figure professionali (tutti i laureati sanitari sono dirigenti indipendentemente dall’affido della direzione di una struttura);
    4. la scelta del sottomansionamento dei laureati sanitari assunti nel comparto come CTP è invenzione di ASSOARPA per sottopagare il personale e scavalcare l’obbligo dell’iscrizione degli stessi agli ordini professionali anche al fine di evitare la necessità di dover garantire loro la formazione continua;
    5. come ARPA Lombardia insegna le specializzazioni non sono un ostacolo insormontabile per l’assunzione dei dirigenti sanitari; è poi falso che siano richieste nei concorsi a dirigente specifiche specializzazioni in campo ambientale e comunque tanti laureati la specializzazione ce l’hanno già o la possono conseguire nel breve periodo;
    6. la trasformazione dei CTP e dei dirigenti ambientali in dirigenti sanitari non peserebbe molto sui bilanci in quanto in origine i fondi della dirigenza sanitaria erano capienti;
    7. ASSOARPA nella sua pressante attività di lobby ha sempre evitato di proporre l’equiparazione in alto dei dirigenti delle ARPA; anzi vietando la libera professione in tutte le sue forme e per tutti i profili (vedi convenzioni, ex art. 47, prestazioni aggiuntive per attività a pagamento, conseguenti fondi perequativi) ha causato volontariamente e in contrasto con il CCNL e le organizzazioni sindacali la riduzione generalizzata delle retribuzioni;
    8. la legge di bilancio 2021 prevede che l’indennità di esclusività debba essere dal 1 gennaio incrementata ed estesa (anche con diverse denominazioni) ad altre figure del ruolo sanitario. ASSOARPA invece di sponsorizzare l’emendamento alla legge di bilancio in oggetto contro i sanitari poteva chiedere, visto il limite imposto sulla libera professione e le specificità delle ARPA, di estendere tali indennità a tutta la dirigenza e alla parte del comparto più professionalizzato;
    9. se veramente esistono le criticità denunciate con tanta enfasi da ASSOARPA nelle prestazioni delle ARPA e quindi liste d’attesa per controlli, ispezioni, pareri ed analisi perché i DG non ritengono di dover ricorrere alle prestazioni aggiuntive retribuite da parte al personale;
    10. le ARPA pur potendolo/dovendolo fare non hanno mai creato le figure dirigenziali intermedie per le professioni sanitarie previste dal CCNL.

    Da ciò non può che evidenziarsi la volontà dei DG delle ARPA di perseguire prioritariamente miopi finalità economiche a solo scapito della professionalità, formazione, retribuzione e infine motivazione del proprio personale.

  6. Riporto quanto già da me condiviso con altri colleghi nell’articolo precedente scritto sul medesimo argomento. Il problema è la tipologia di contratto. Il nostro lavoro da tecnici ARPA ha poca (o nulla) attinenza con le professioni sanitarie. Rientriamo nel CCNL Sanità per ragioni storiche (le ARPA sono nate dai vecchi presidi multizonali di prevenzione) non per analogia di attività. Bisognerebbe cogliere il meglio da questo momento di discussione (finalmente!) che vede in contrapposizione gli interessi (giusti dal loro punto di vista) di figure professionali come chimici, fisici e biologi con quelli di altre figure professionali quali ingegneri (me compresa), avvocati, ecc.. che si troverebbero a subire una ingiusta sperequazione di trattamento contrattuale.
    A questo si aggiunge la circostanza che ISPRA, ente al centro dell’intero Sistema Nazionale a rete, ha un contratto diverso rispetto a quello degli operatori delle ARPA. In conclusione credo che bisognerebbe cominciare a pensare a quale sia il CCNL più confacente alle nostre attività (Ricerca o Enti locali) e al limite crearne uno nuovo per il SNPA.

  7. L’inadeguatezza dei vertici delle Agenzie Ambientali nella gestione della questione della dirigenza sanitaria è evidente. Il problema – prima ancora che di merito – è di metodo.
    Se – a torto o a ragione – il Contratto della dirigenza delle ARPA è quello sanitario, una qualunque Direzione Generale oculata dovrebbe sedersi a un tavolo e trattare -anche turandosi il naso – con l’Organizzazione Sindacale più rappresentativa nell’Area di contrattazione di riferimento per cercare soluzioni il più possibile condivise che possano poi essere ratificate nelle sedi istituzionali. Nel caso specifico, peraltro, c’è l’aggravante a questo comportamento dilettantistico in quanto se due TAR e il Consiglio di Stato ti danno torto dovresti cominciare a pensare che forse hai torto. Il ricorso a percorsi non trasparenti o a tentativi di colpi di mano da furbetti di quartiere denotano l’inadeguatezza per il ruolo che questi nominati sono chiamati a svolgere e una loro inesperienza dei minimi protocolli diplomatici. Comportamenti che ovviamente inaspriscono i dipendenti ancor più delle posizioni di merito.
    Data la mia età e i miei trascorsi da sindacalista mi sono spesso trovato (ormai) molti anni fa a convegni e pranzi di lavoro nei quali Minarelli (ARPAER) e Lippi (ARPAT) invitavano le segreterie nazionali dei sindacati rappresentativi dei dirigenti delle allora “neonate” Agenzie Ambientali allo scopo – pur nel rispetto dei ruoli – di informarle e “indirizzarle” verso le necessità organizzative delle Direzioni ARPA.

  8. Riprendo quanto postato dalla collega Alessandra Barchi.
    Ricordo anche io a SNPA che i Tecnici della Prevenzione transitati alle ARPA dalle Aziende ASL sono quelli che per primi, con i colleghi dei Presidi Multizonali di Prevenzione, hanno permesso la prosecuzione dei controlli tecnici ambientali e l’avvio dell’attività delle varie ARPA, dato che erano i “manovali” sul campo che si sporcavano le mani nei campionamenti delle varie matrici ambientali già quando erano presso le Aziende Sanitarie Locali. Ma la volontà è chiara, lasciarli estinguere nelle ARPA a seguito pensionamento; ne è una valida prova l’assenza di concorsi nelle varie Agenzie per questa figura professionale. Tanto vale che nelle Università si cessi di inserire materie inerenti l’ambiente per questo insegnamento.

  9. La questione ambientale in Italia,non è solo di mitigare i cambiamenti climatici,cercare di fare funzionare realmente gli enti di controllo del territorio,ecc.il problema è stabilire con norme e regole certe “chi fa cosa”….togliere ai politicanti di turno la prerogativa di considerare il dirigente ambientale un tuttologo,escamotage spregevole per continuare nelle nomine clientelari.Ma in Italia tutta l informazione pubblica viene attentamente orientata, al fine di nascondere queste realtà ….e questa non è democrazia.

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