La fitodepurazione come strategia di contenimento dei PFAS

La contaminazione della risorsa idrica dalle cosiddette sostanze emergenti è argomento di grande attualità. Per contaminanti emergenti si intendono inquinanti a cui la legislazione non ha ancora dato un valore limite perché non conosciuti o perché in passato non si avevano sufficienti dati scientifici per ritenerli pericolosi per l’ambiente e la salute umana. Infatti, non è sempre facile affrontare la problematica di contenimento e conseguente disinquinamento di queste sostanze non avendo adeguate informazioni sulle loro proprietà intrinseche e sul loro comportamento e destino ambientale. 

Il Progetto Europeo LIFE PHOENIX (LIFE16ENV/IT/000488) di cui ARPAV è partner associato, tra i vari obbiettivi propone lo sviluppo e l’applicazione di metodiche alternative per contenere la concentrazione di contaminanti emergenti persistenti e mobili in acqua, nel caso di loro presenza nell’ambiente circostante. Una tra le azioni operative infatti ha lo scopo di sviluppare e validare alcuni sistemi innovativi di mitigazione dell’inquinamento, con particolare riferimento alla classe di contaminanti emergenti PFAS a catena corta, attraverso la costruzione di un impianto pilota di fitodepurazione per il trattamento delle acque per uso irriguo e sua successiva dimostrazione a scala reale.

Figura 1. Schema dell’impianto pilota di fitodepurazione sviluppato con il Progetto LIFE PHOENIX.

La spinta verso sistemi di contenimento alternativi, basati appunto su sistemi “naturali” (nature-based solutions) ha dato impulso negli ultimi anni agli studi sulle capacità depurative degli organismi vegetali. Il potenziale di depurazione delle piante, anche se non estremamente elevato, può essere sfruttato nelle aree umide (artificial wetlands) dove la disponibilità di biomassa è elevata e si accoppia a un efficace meccanismo di deposizione della sostanza sospesa. Le tecniche fitodepurative spesso vengono utilizzate come trattamento aggiuntivo dopo i trattamenti tradizionali di depurazione.

Figura 2. Piante di phragmites in fase di crescita nell’impianto pilota.

In Veneto sono allo studio azioni per mitigare la concentrazione di PFAS nelle acque utilizzate per uso agricolo, il progetto LIFE PHOENIX ha individuato quindi il canneto comune (Phragmites australis), una specie molto diffusa e dalla crescita spontanea, per la realizzazione di un impianto pilota a Lonigo (Vicenza) per testare l’assorbimento di PFAS dalle acque per uso irriguo. La successiva dimostrazione su scala reale dell’efficacia di questo sistema di fitodepurazione è in fase di sviluppo su tre aree umide del Veneto poste in zone diverse dell’area di progetto: Monastiero presso Bevilacqua (Verona), Monselice (Padova) e Ca’ di Mezzo a Codevigo (Padova).

ARPAV è coinvolta nell’analisi della matrice acquosa per verificare l’efficienza della fitodepurazione con controlli di campioni in entrata e in uscita sia dall’impianto pilota che dalle aree umide individuate. L’analisi dei campioni vegetali di Phragmites australis invece è condotta dai laboratori di IRSA-CNR. I metodi analitici sviluppati e validati da entrambi i laboratori consentono di determinare la concentrazione di nove acidi perfluoroalchilcarbossilici (da 4 a 12 atomi di carbonio) e tre perfluoroalchilsolfonici (4, 6, 8 atomi di carbonio) in campioni di acqua e di matrice vegetale. L’analisi è basata sulla determinazione simultanea dei PFAS mediante strumentazione LC-MS/MS.

I dati preliminari evidenziano una discreta capacità delle piante nell’assorbimento di PFAS che ha permesso di testare il sistema anche a livello delle tre aree umide ovvero in zone alimentate sia da acqua superficiale che da acqua sotterranea. 

Per maggiori informazioni sul progetto LIFE PHOENIX: lifephoenix.eu

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