Ridurre i rifiuti edili in Europa

I rifiuti da costruzione e demolizione rappresentano uno dei maggiori flussi di rifiuti in tutta Europa, tanto da rappresentare un importante tassello dell’economia circolare, per questo, l’UE prevede alti tassi di riciclo di questa tipologia di rifiuti, che, però, non sono ancora stati raggiunti se non in pochi paesi membri.

Le percentuali di rifiuti edili riciclati variano da paese a paese, dal 54% al 100%, ma i dati non costituiscono al momento una base solida in quanto sono raccolti ed elaborati in modo differente nei diversi paesi europei.

Il report recentemente prodotto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, Construction and demolition Waste, mette in evidenza come non sia importante solo il quantitativo di rifiuti edili riciclati o riusati ma la “qualità del riciclaggio”, per lo più, ad oggi, questi materiali, una volta riciclati, perdono parte del loro valore, tanto che si parla di downcycling (recupero di basso grado). Al momento, infatti, il recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione si basa prevalentemente su operazioni di riempimento, ovvero si usano i rifiuti da macerie per riempire i buchi nei cantieri oppure il cemento o le pietre riciclate e frantumate (aggregati) per la realizzazione di fondi stradali.

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Il tipo di riciclo è molto importante, se si vuole realmente perseguire gli obiettivi dell’economia circolare, bisogna evitare il riciclaggio di basso valore (o basso grado), che non garantisce alla materia di mantenere il suo flusso nel tempo e che dà vita a prodotti che sono scadenti e difficilmente assoggettabili a nuovi processi di riciclaggio.

La normativa europea nell’affrontare il tema dei rifiuti edili, pone alcuni principi, quali:

  • la prevenzione, l’obiettivo è e rimane quello di ridurre la mole di rifiuti prodotti
  • la riduzione, ancora meglio l’eliminazione, di tutte le sostanze tossiche presenti nei materiali da costruzione
  • l’alta percentuale di riciclaggio, non solo quantitativa ma anche qualitativa
  • l’abbattimento delle emissioni ad effetto serra prodotte dalla gestione dei rifiuti edili.

Guardando a queste priorità, ci rendiamo facilmente conto cheportare i rifiuti edili in discarica non costituisce la migliore soluzione, in quanto poco sostenibile, nonostante, ad oggi, sia ancora la scelta più comune, almeno nel nostro paese.

Qualcosa sta cambiando, il tema dell’economia circolare sta diventando sempre più “famigliare” anche nel mondo delle imprese edili che cominciano ad interessarsi alla demolizione selettiva, in modo da avere rifiuti omogenei più facili da riciclare.

Il momento è favorevole, infatti, la Direttiva 2018/851/UE modifica alcune definizioni e concetti contenuti nella precedente direttiva 2008/98/CE, anche con riferimento ai rifiuti da costruzione e demolizione. Questa stabilisce che gli Stati membri adottino misure intese a promuovere la demolizione selettiva al fine di consentire la rimozione e il trattamento sicuro delle sostanze pericolose e facilitare il riutilizzo e il riciclaggio di alta qualità tramite la rimozione selettiva dei materiali, nonché garantire l’istituzione di sistemi di cernita dei rifiuti da costruzione e demolizione almeno per legno frazioni minerali (cemento, mattoni, piastrelle e ceramica, pietre), metalli, vetro, plastica e gesso.

Occorrerà quindi attendere il recepimento di questa nuova direttiva nel nostro ordinamento (che era prevista per il 5 luglio 2020) per comprendere meglio come questi principi troveranno reale applicazione nel nostro Paese.

In attesa di una normativa nazionale, esistono diversi materiali , che non rappresentano obblighi giuridici, che forniscono un aiuto per eseguire al meglio l’attività di recupero degli inerti nei cantieri, come

Recuperare i rifiuti edili richiede di sostenere dei costi e la demolizione selettiva necessita l’utilizzo di macchine specializzate, tutto questo ha un costo che incide sui lavori da realizzare ma crea anche un beneficio economico in quanto si abbattono le spese legate allo smaltimento dei rifiuti in discarica, ed oltre a ciò, molti materiali potranno essere riusati, evitando l’acquisto di inerti naturali.

Il vantaggio non è solo economico ma anche ambientaleGli impatti ambientali prodotti dal settore delle costruzione non si limitano alla gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione ma riguardano anche le emissioni in atmosfera. La sfida climatica, nel settore edilizio, è collegata principalmente al consumo energetico e le soluzioni prospettate prevedono il passaggio alle energie rinnovabili e l’attuazione di misure di efficienza energetica.

La costruzione e la manutenzione degli edifici comporta il consumo di quasi la metà di tutti i materiali che entrano nell’economia globale e genera circa il 20% di tutte le emissioni di gas serra.

Il consumo energetico nel settore dell’edilizia è calcolato in tutte le sue fasi, dall’estrazione alla demolizione, escluso la fase di utilizzo. Per comprendere bene quale sia il consumo di energia bisogna fare riferimento alla performance del prodotto e non semplicemente considerare un consumo in base al peso del prodotto stesso. Le  emissioni di CO2 prodotte dai materiali da costruzione costituiscono il 40-50% dell’impronta di carbonio totale di un edificio destinato ad uffici, principalmente a causa della produzione del cemento e dell’acciaio necessari per edificarlo.

Si stima che, entro il 2050, i materiali utilizzati in edilizia produrranno emissioni pari a 250 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 in uno scenario di riferimento in cui saranno realizzati secondo i processi produttivi odierni.

L’Agenzia europea per l’ambiente, in un recente briefing, è andata a vedere quali azioni specifiche verso un’economia più circolare nel settore dell’edilizia hanno più efficacia nella riduzione delle emissioni: diminuire l’uso di calcestruzzo, cemento e acciaio può ad esempio ridurre fino al 61% le emissioni di gas a effetto serra legate ai materiali da costruzione emesse durante il ciclo di vita di un edificio.

La valutazione dell’Agenzia europea presenta un nuovo approccio metodologico, sviluppato insieme ad un consorzio di esperti, che può aiutare ad identificare e dare priorità a quelle azioni di economia circolare che possono contribuire maggiormente a ridurre le emissioni in qualsiasi settore (nell’immagine a fianco i passaggi della metodologia).

Lo studio ha scoperto che ciascuna delle fasi del ciclo di vita di un edificio – dalla progettazione, alla produzione, all’utilizzo, alla demolizione e alla gestione dei rifiuti – offre ricche opportunità per una maggiore circolarità e riduzioni delle emissioni.

Fino a due terzi delle emissioni globali di gas a effetto serra sono correlate ai flussi di materiali e al modo in cui li procuriamo, consumiamo e smaltiamo. Questo rende il settore un’area importante per ulteriori riduzioni.

Rendere gli edifici più circolari nel corso del loro ciclo di vita significa progettarli e utilizzarli in modo più efficiente, facendoli durare più a lungo, nonché riutilizzare e riciclare i materiali da costruzione anziché acquistarne di nuovi.

La maggior parte delle azioni selezionate riguarda il calcestruzzo, il cemento e l’acciaio, che hanno un forte impatto in termini di emissioni di gas serra e sono utilizzati in grandi quantità nel settore edile europeo. Questi materiali possono essere ridotti se la loro domanda viene ridotta attraverso una progettazione e una produzione più intelligenti, nonché riutilizzandoli e riciclandoli al termine del ciclo di vita dell’edificio. Altre azioni che vanno dall’aumento del tasso di occupazione dell’edificio al miglioramento della manutenzione che prolunga la vita di un edificio offrono un buon potenziale per ridurre le emissioni.

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