Censimento dei funghi “Clavariodi” dell’isola Polvese

Nel 2018 e 2019 Arpa Umbria, in collaborazione con il Circolo Micologico Naturalistico Perugino e l’Università degli Studi di Perugia, ha organizzato presso il Centro “Cambiamento Climatico e Biodiversità in Ambienti Lacustri e Aree Umide” sull’isola Polvese, il Comitato Scientifico Micologico delle cenosi fungine dell’isola. Questi importanti eventi tecnico-scientifici permettono di effettuare interessanti campionamenti di macrofunghi di ambiente mediterraneo, ma soprattutto sono occasioni rilevanti per accogliere esperti nazionali ed internazionali che studiano determinati taxa micologici. Inoltre presso il Centro Studi di Arpa Umbria è disponibile un attrezzato Laboratorio di Microscopia che, con strumenti tecnologicamente avanzati, ha permesso lo studio accurato delle raccolte repertate. Nonostante essi si svolgano nel mese di novembre, le particolari condizioni di isolamento e dell’ambiente naturale, e il clima mite dell’isola, creano presupposti ottimali per effettuare interessanti, e spesso abbondanti, ritrovamenti di specie fungine, alcuni dei quali rivestono un particolare interesse.

Testimonianza di ciò è sicuramente il primo ritrovamento in Umbria di Phaeoclavulinaochrochlora e Phaeoclavulina ochracea, di cui si parlerà ampiamente di seguito.

Tra i tantissimi generi rinvenuti, particolarmente importanti risultano i funghi appartenenti al gruppo dei “Clavarioidi”. Questo gruppo di macromiceti non risponde alla classica definizione di fungo che ci riporta ad identificare un cappello, un gambo e una zona sottostante costituita da lamelle o tubuli che svolgono l’attività riproduttiva. Nel mondo dei funghi “Clavarioidi” tutto questo non c’è.

Ci troviamo nell’ordine delle Aphyllophorales, che letteralmente significa “senza foglie” e nel nostro caso possiamo interpretarlo “senza lamelle”. Si tratta di un ordine polifiletico e per nulla naturale, che con gli studi di biologia molecolare, subirà una inevitabile frammentazione in vari ranghi filogeneticamente più affini alle singole entità tassonomiche oggetto di revisione. Il termine però viene ancora utilizzato per permettere una didattica più facile nelle attività divulgative.

In quest’ordine confluiscono tutti i generi che hanno la parte imeniale, ossia l’apparato riproduttore, non formato da lamelle. I funghi “Clavarioidi” rispondono in pieno a questa descrizione e comprendono diversi generi. Tra i più significativi ritrovamenti dell’isola Polvese, appartengono ai “Clavarioidi” i generi RamariaClavulina e Macrotyphula.

Le specie del Genere Ramaria si possono riconoscere grazie ai seguenti facili caratteri macroscopici:

  1. I corpi fruttiferi sono sempre ramificati ed hanno un aspetto più o meno coralloide, arborescente. Ma questo da solo non basta, perché tra i funghi “Clavarioidi” ci sono altri generi che possono presentare questa caratteristica I rami hanno sezione sub-circolare, non o poco appiattita (questa caratteristica ci permette di escludere il Genere Sparassis);
  2. Sono funghi amfigeni, ossia l’imenio, la parte che produce le spore, si estende a tutte le parti del fungo, tranne che sul tronco e continua a formarsi man mano che i rami continuano ad allungarsi;
  3. Le spore in massa (sporata) sono di colore ocra.

Il Genere Ramaria si divide in tre sottogeneri, in base all’ambiente di crescita e ad alcune differenze microscopiche:

  • Sottogenere Ramaria: sono tutti funghi simbionti di varie essenze arboree. Le colorazioni dei carpofori sono molto varie, si va dal bianco, al rosso vinoso, al viola, al marrone, al giallo, al giallo-rosato. Questa variabilità di colori, unitamente l’indagine microscopica, ci permette di avere una suddivisione ulteriore in diverse Sezioni;
  • Sottogenere Lentoramaria: sono tutti funghi saprotrofi, cioè che per nutrirsi utilizzano la sostanza organica della lettiera e nella maggior parte dei casi crescono su legno morto e degradato. I diversi funghi presentano colorazioni molto simili tra di loro che vanno dal giallo-ocra all’ocra, fino al color camoscio. Pertanto l’individuazione delle specie necessita assolutamente dell’indagine microscopica;
    • Sottogenere Echinoramaria: sono tutte specie saprotrofe e umicole, con crescita sulla lettiera di aghi (conifere) e di foglie (angiosperme). Anche in questo caso le colorazioni tipiche sono nelle sfumature del giallo-ocra, pertanto la determinazione deve essere effettuata servendosi della microscopia. La separazione dal sottogenere Lentoramaria è possibile osservando le spore che qui sono spinose, da cui il nome del Sottogenere Echinoramaria (dal greco antico Εχίνος –echinos- riccio, riferito a qualcosa ricco di punte aguzze). Allo stato attuale, con l’avvento dello studio molecolare tutte le specie di questo sottogenere sono confluite nel nuovo Genere Phaeoclavulina.

Il periodo di crescita di questi funghi è generalmente autunnale, se questo è piuttosto piovoso. Le Ramaia non amano gli ambienti aridi, infatti difficilmente si possono trovare all’inizio dell’estate.

Generalmente le specie che appartengono al Genere Ramaria non sono commestibili. In realtà esistono specie, come ad esempio Ramaria botrytys, caratterizzata dalla struttura a cavolfiore e le punte color vinaccia, ed alcune specie a colorazione gialla e senza sfumature rosate nei rami, che lo sono. Sono funghi che per tradizione nel Centro Italia sono raccolti e consumati, conosciuti con il nome dialettale di “manine” o “ditole”. Per una corretta determinazione, peraltro comunque sempre molto difficile, è necessario raccogliere esemplari giovani, quando ancora sono visibili i colori originali, perché con la maturazione delle spore tutte le specie assumono un color ocra smorto per la deposizione delle stesse e a questo stadio si potrebbero raccogliere anche specie tossiche come Ramaria formosa. Il consumo di specie tossiche può indurre sindromi gastrointestinali anche piuttosto severe. Non è raro che questo accada. In alcuni casi è necessario anche trattamento ospedaliero con somministrazione di carbone vegetale attivato, gastrolusi e idratazione idrosalina di supporto.

Il Genere Clavulina, il cui epiteto deriva dal latino “clàvula”, cioè “piccola clava, bastoncino”, si caratterizza per le seguenti differenze macroscopiche:

  1. I corpi fruttiferi di forma coralloide, sono di piccole dimensioni, con consistenza ceracea cioè al tatto quasi untuose e che tendono a fratturarsi con grande facilità. La superfice del fungo può presentarsi liscia ma anche rugosa;
  2. L’imenoforo, ossia la parte fertile del fungo, anche in questo caso è amfigeno cioè distribuito su tutta la superficie del fungo, tranne che sulla base. È indistinto e generalmente si considera che occupi i 2/3 del totale del fungo partendo dall’apice;
  3. Le sue spore in massa sono ialine e bianche; questo carattere ci permette di separarle dalle Ramaria che invece hanno sporata in massa ocra.

Questo genere è caratterizzato da carpofori che possono essere singoli o gregari, generalmente tutti terricoli. Sono tutti funghi senza valore alimentare, con crescita prevalentemente autunnale.

Microscopicamente questo genere presenta ife generatrici con giunti a fibbia, basidi bisporici molto allungati con sterigmi molto grossolani e pronunciati, ricurvi verso l’interno a forma di “corna di bue”. Le spore al microscopio ottico appaiono da subglobose a largamente ellissoidali, con parete sottile e liscia, con una grossa goccia oleosa; non amiloidi.

Le specie del Genere Macrotyphula, invece, si caratterizzano macroscopicamente per:

  1. I carpofori di color giallo-ocraceo hanno aspetto da filiforme a strettamente clavato, più o meno sottili, generalmente singoli, ma gregari. Il gambo è corto e indistinto dal resto del carpoforo. Sono funghi saprotrofi, con crescita in ambiente umicolo, su cascame vegetale o su legno morto;
  2. Anche in questo genere il fungo è amfigeno;
  3. Le spore in massa sono bianche.

Funghi senza interesse alimentare.

Microscopicamente si caratterizzano per le ife rigonfie, larghe, con giunti a fibbia. I basidi sono molto grandi. Le spore, osservate al microscopio ottico, sono ialine e si presentano in forma variabile da cilindriche a ellissoidali fino a fusiformi, a parete sottile, liscia; non amiloidi.

Durante lo studio affrontato nel corso del 2018 e 2019, sono state rinvenute sull’isola Polvese quattro specie fungine che possiamo ritenere particolarmente interessanti non solo dal punto di vista tecnico-scientifico, ma anche perché di particolare abbondanza e distribuzione, in quanto rinvenute con numerosi individui in più punti dell’isola. Le specie che analizziamo in questo articolo sono Phaeoclavulina ochrochlora e Phaeoclavulina ochracea primi ritrovamenti in Umbria, e le specie Clavulina coralloides e Macrotyphula juncea.

A seguito dei ritrovamenti autunnali, è stato eseguito uno studio dettagliato sui campioni freschi e su essiccate per l’osservazione delle spore e delle ornamentazioni, e dei cristalli delle rizomorfe che attualmente sono considerati un ottimo elemento discriminante nella determinazione delle specie. I campioni sono stati reidratati con L4 per avere una ridotta mobilità delle spore durante l’osservazione microscopica, e trattati con Blu cotone a freddo, per osservare le ornamentazioni sporali. Le osservazioni microscopiche sono state eseguite con Microscopio Biologico Professionale Ottica Turi L2000A HBG Semi Plan, e Microscopio Ottico Nikon Ci-L con contrasto di fase e software di gestione immagini Nis-Elements D. L’utilizzo di obiettivi a 40X e 100X ad immersione, hanno permesso di identificare la presenza dei giunti a fibbia, forma e dimensioni delle spore e delle ornamentazioni sporali e la forma dei cristalli nelle rizomorfe. Le osservazioni effettuate al microscopio elettronico a scansione (SEM JEOL 6000-plus) hanno, invece, permesso di evidenziare e dettagliare fino a 10.000 ingrandimenti, i cristalli delle rizomorfe e forma e ornamentazioni delle spore.

Phaeoclavulina Abietina (Pers.) Giachini – Mycotaxon 115: 189 (2011)

Prima segnalazione in Umbria

Photo by: Adriano De Angelis

≡ Clavaria abietina Pers. 1794, Neues Mag. Bot. 1: 117

≡ Clavaria abietina Pers.: Fr. 1821,Syst. Mycol. 1: 469

≡ Merisma abietina (Pers.) Sprengel 1827, Syst. Veg. 4: 495

≡ Clavariella abietina (Pers.: Fr.) Schroeter 1889, Krypt. Fl. Schlesien: 448

 Ramaria ochraceovirens  (Jungh.) Donk, Rev. Niederl. Homob. Aphyll. 2: 112 (1933)

≡ Ramaria ochrochlora Furrer & Schild 1971; Fungorum Rariorum Icones Coloratae 5: 17 (1971)

I carpofori sono di medie-piccole dimensioni, fino a 60 mm di altezza e 40 mm di larghezza, riccamente ramificati.

Il tronco è molto sottile, da 3 a 8 mm di spessore alla base. Molto variabile nella forma, talvolta sottile, spesso pressoché assente, con i rami che sembrano partire del terreno. Di colore giallo ocraceo, da ocraceo sporco a ocra olivaceo, talvolta olivaceo, verde olivastro scuro, brunastro olivaceo, olivaceo che tende a diventare blù-verde, verde scuro alla manipolazione, dalla base verso le estremità ma soprattutto nei punti di contatto. E’ presente anche un micelio cotonoso basale e rizomorfe bianche.

I rami sono molto numerosi e stretti con angolazioni ad U stretta, spesso compressi, appiattiti, ma anche cilindracei. La superficie è liscia, ma in parecchi tratti si presenta rugosa. Il colore dei rami varia da giallo ocraceo a ocraceo sporco, ocraceo verdastro, giallo olivastro, bruno olivaceo, color isabella, che diventano rapidamente blù-verde come il tronco alla manipolazione e con la maturazione.

Gli apici sono perlopiù arrotondati, più volte divisi o in forma di mano aperta, talvolta possono anche terminare con una punta acuta.

La carne è da bianca a bianco sporco, al margine concolore o olivastra; vicino alle zone esterne verdi o verdi-blu anche la carne si presenta di un verdastro sporco. L’odore è debole. Il sapore da mite a amaro.

L’ambiente di crescita è nelle lettiere di aghifoglia sotto peccio (Picea) e pino (Pinus).

Photo by: Rosalba Padula

La microscopia delle spore rivela strutture di dimensioni 5,5-9,5 x 3,0-4,8 μm, con profilo a forma di goccia, da ellissoidali a ovali, di aspetto ruvideo in Blu cotone con ornamentazione ottusa, da gibbosa a verrucosa. Occasionalmente alcune singole gibbosità si fondono insieme fra loro. L’ornamentazione sporale è alta fino a 0,5 μm. Le ife della trama presentano a livello dei setti alcuni passaggi ampolliformi e sono presenti i giunti a fibbia. Le rizomorfe nella parte esterna sono rivestite di cristalli stellari grandi fino a 15 μm, chiamati “asterocristalli”.

Osservazioni

Sinceramente si fa fatica a sinonimizzare Ramaria ochrochlora con Phaeoclavulina abietina, perché sembrano avere caratteristiche ben diverse.

Le differenze sostanziali sono innanzitutto le dimensioni dei carpofori: in Ramaria ochrochlorasono molto più robusti, e anche le spore sono più grosse rispetto a Phaeoclavulina abietina (7,5-12,0 x 3,8-5,0  μm). Ed anche l’ambiente di crescita è diverso: P.abietina cresce esclusivamente nelle lettiere di aghi di peccio (Picea) e pino (Pinus), R.ochrochlora in bosco misto (FagusQuercusPinus) e su lettiera di foglie o di aghi dei boschi di aghifoglia (PiceaAbies). A conferma di ciò, le raccolte sull’isola Polvese, sono state fatte sotto leccio (Quercus ilex), dove sono stati raccolti diversi esemplari in 2 raccolte, quindi un ambiente completamente diverso da quelli previsti per P.abietina. Per questi motivi si manifestano dubbi sulla sinonimia.

Confusione si potrebbero avere anche con carpofori di Ramaria apiculata. In questo caso ci troviamo nel Sottogenere Lentoramaria, quindi con crescita su legno di aghifoglia, sia di abete rosso sia di pino, e non sulla lettiera. Pertanto le spore sono verrucose e non spinose. Anche i cristalli delle rizomorfe sono diversi, in questo caso a forma di rosetta. Il colore dei rami varia dal giallo-paglia, al giallo-crema, talvolta giallo-crema sporco, poi rapidamente da bruno-rosa a bruno-rossastro, soprattutto alla compressione e negli esemplari maturi; gli apici si presentano da verdi a verde molto chiaro. Talvolta questa colorazione verde è presente anche nelle selle.

Phaeoclavulina ochracea (Bres.) Giachini – Mycotaxon 115: 194 (2011)

Prima segnalazione in Umbria

Photo by: Adriano De Angelis

Ramaria ochracea (Bres.) CornerMonograph of Clavaria and allied Genera, (Annals of Botany Memoirs No. 1): 610 (1950)

Lachnocladium ochraceum Bres. 1899, Bull. Soc. Roy. Bot. Belg. p. 157.

I Carpofori sono gracili e poco carnosi, alti fino 40-60 mm e larghi 20-50 mm, riccamente ramificati ma con rami molto delicati.

Il tronco è snello, cilindrico, curvo, in alto un po’ più largo. A volte può essere assente ed allora i carpofori sono ramificati già a partire dal terreno. Sono di color ocra. Alla base è presente un feltro miceliare bianco e presenta esili rizomorfe.

I rami sono sottili, da curvi a sporgenti, più volte ramificati, rotondi. Generalmente di colore da ocra chiaro a ocra, negli apici più chiaro, da quasi bianco a concolore ai rami. Le selle arrotondate, arrotondate strette.

Apici appuntiti, sottili, curvi fino a forma di uncino o di artiglio. La carne è bianca. Odore e sapore non significativi.

L’habitat è dei boschi misti di pino (Pinus) e robinia (Robinia pseudoacacia), di leccio (Quercus ilex) e di faggio (Fagus). Sull’Isola sono stati rinvenuti molti esemplari in diversi punti nella lecceta sia bassa che alta.

Lo studio microscopico evidenzia spore piccole le cui dimensioni sono: 4,0-6,2 x 2,7-3,5 μm. Di profilo ruvide, da ellissoidali a largamente ellissoidali. Trattate con Blu cotone evidenziano una ornamentazione sottile da aculeato-ottusa a gibbosa. Nelle rizomorfe le ife nella parte esterna sono ricoperte da cristalli stelliformi grandi fino a 15 μm.

Osservazioni

Quella che un tempo chiamavamo Ramaria ochracea del Sottogenere Echinoramaria sezione Flaccidae, con l’avvento del molecolare è confluita nel nuovo genere Phaeoclavulina e quindi oggi assume il nuovo nome di Phaeoclavulina ochracea.

P.ochracea è una delle più piccole specie a spore aculeate del genere Phaeoclavulina; ed è ben caratterizzata per i suoi carpofori ocra, in associazione con spore piccole.

Alcune specie molto gracili e con spore piccole, come P.decurrens e P.myceliosa possono essere confuse con la nostra specie, presentano però spore con forma diversa più cilindriche e non ellissoidali.

Clavulina coralloides (L.) J. Schröt. – in Cohn, Krypt.-Fl. Schlesien (Breslau) 3.1(25–32): 443 (1888) [1889]

Photo by: Adriano De Angelis

≡ Clavaria coralloides L., Sp. pl. 2: 1182 (1753)

≡ Clavaria coralloides-cinerea Bull., Herb. Fr. (Paris) 8: tab. 354 (1788)

≡ Clavaria cristata Jungh.

≡ Clavulina coralloides (L.) J. Schröt., in Cohn, Krypt.-Fl. Schlesien (Breslau) 3.1(25–32): 443 (1888) [1889] f. coralloides

≡ Clavulina coralloides f. cristata (Holmsk.) Franchi & M. Marchetti, Boll. Circolo Micologico ‘Giovanni Carini’ 39: 21 (2000)

≡ Clavulina cristata (Holmsk.) J. Schröt., in Cohn, Krypt.-Fl. Schlesien (Breslau) 3.1(25–32): 442 (1888) [1889] f. cristata

≡ Clavulina cristata var. coralloides Corner, Monograph of Clavaria and allied Genera, (Annals of Botany Memoirs No. 1): 693 (1950)

≡ Clavulina cristata var. zealandica R.H. Petersen, Bull. N.Z. Dept. Sci. Industr. Res., Pl. Dis. Div. 236: 61 (1988)

≡ Ramaria coralloides (L.) Bourdot, Rev. Sci. Bourb. Centr. Fr. 7: 119-126 (1894)

≡ Ramaria cristata Holmsk., Beata Ruris Otia FUNGIS DANICIS 1: 92 (1790)

≡ Stichoramaria cristata (Holmsk.) Ulbr., Krypt.-Fl. Anfäng. (Berlin): 83 (1928)

I Carpofori di 40-60 mm di altezza, hanno un portamento coralloide. Il tronco bianco può presentarsi indistinto, ed in questo caso i rami partono direttamente dal terreno, oppure singolo o formato da più tronchi concresciuti insieme e piuttosto corti. I carpofori sono ramificati, con numerosi rami più o meno appiattiti, lisci, fragili, con apici palmati, i quali si suddividono in numerose appendici diversamente appuntite, simili a creste di gallo, finemente dentellate molto fragili, a maturità lunghe fino a 10 mm, di colore bianco puro da giovane, poi bianco soffuso di giallastro. L’imenoforo è indistinto: è disposto su tutta la superficie dei rami e continua a svilupparsi con lo sviluppo degli stessi.

La carne è biancastra, tenace poi a maturazione si presenta molliccia.

L’odore insignificante, il sapore risulta dolciastro, con retrogusto leggermente amarognolo.

Cresce nei boschi sia di conifere sia di latifoglie. Molto comune, si presenta generalmente gregaria o in piccoli gruppi dall’inizio dell’estate al tardo autunno. All’isola Polvese sono stati rinvenuti quattro carpofori nella parte bassa della lecceta in prossimità della riva del lago in una zona particolarmente umida.

La microscopia mette in evidenza spore di dimensioni 7,5-9 x 6,5-8 μm, da globose a brevemente ellissoidali, lisce con una grossa guttula centrale. Sporata bianca in massa.

Osservazioni

Il Genere è caratterizzato da carpofori di aspetto coralloide, dotati di basidi bisporici con sterigmi fortemente curvati e grossolani, e spore ialine al microscopio. La distinzione da alcune specie del genere Ramaria sottogenere Lentoramaria sul terreno non è facile, e richiede una buona esperienza.

Possibile confusione si può fare con carpofori di Ramaria gracilis, che presenta un portamento simile a Clavulina coralloides, ma presenta delle differenze che ci permettono, con esperienza, di individuarla. Innanzitutto gli apici sono formati da diverse punte e non hanno mai l’aspetto tipico di cresta di gallo come in C.coralloides. I carpofori con la maturazione tendono ad assumere una colorazione ocracea per la deposizione delle spore, che nel genere Ramaria sono di color ocraceo in massa e non bianco con caratteristico odore di anice. Infine all’analisi microscopica le spore di Ramaria gracilis sono verrucose e di forma diversa, da ellissoidali a forma di seme, sicuramente non globose.

Altro possibile errore che si può commettere è confondere C.coralloides con esemplari di R.suecica che è sempre di colore bianco negli esemplari giovani, mai con la maturazione bianco-crema con sfumature carnicino ed odore fruttatoGli apici anche in questa specie sono formati da 3-4 punte e non a cresta. Le spore sono sempre verrucose.

Più problematica è la differenzazione con esemplari di Ramariopsis kunzei: i carpofori sono molto simili, dello stesso colore e gli apici anche qui sono a punta. La differenza è molto evidente nelle spore che sono ellissoidali, finemente aculeate e molto piccole, 3,79-5,19 x 2,77-3,79 µm.

Il riconoscimento di C.coralloides può risultare difficoltoso quando il carpoforo è parassitato da Rosellinia clavariae, un Mixomycota che ne modifica il colore confondendolo con C.cinerea.

Macrotyphula juncea (Alb. & Schwein.:Fr.) Berthier – Bidr. Känn. Finl. Nat. Folk 37: 181 (1882)

Photo by: Adriano De Angelis

≡ Clavaria filiformis Bull., Herbier de la France: tab. 448, fig. 1 (1790)

≡ Clavaria hortulana Velen., České Houby 4-5: 785 (1922)

≡ Clavaria juncea (Alb. & Schwein.) Fr., Observ. mycol. (Kjøbenhavn) 2: 291 (1818)

≡ Clavaria juncea var. vivipara Bull., Syst. mycol. (Lundae) 1: 479 (1821)

≡ Clavaria triuncialis var. juncea Alb. & Schwein., Consp. fung. lusat., in Lusatiae Superioris Agro    Niskiensi Crescentium e Methodo Persooniana (Leipzig): 289 (1805)

≡ Clavariadelphus junceus (Alb. & Schwein.) Corner, Monograph of Clavaria and allied Genera (Annals of Botany Memoirs No. 1): 275 (1950)

≡ Pistillaria oleae (Maire) Corner, Ann. Bot. Mem. 1: 485 (1950)

≡Typhula filiformis (Bull.) Fr., Epicrisis systematis mycologici (Uppsala): 586 (1838)

≡ Typhula juncea (Alb. & Schwein.) P. Karst., Bidr. Känn. Finl. Nat. Folk 37: 181 (1882)

≡ Typhula oleae Maire, Bull. trimest. Soc. mycol. Fr. 44: 53 (1928)

≡ Typhula ramentacea Fr., Syst. mycol. (Lundae) 1: 496 (1821)

Basidiomi di aspetto filiforme di color giallo-ocra, cilindracei eretti ma a volte possono essere anche ricurvi. Singoli, con altezza fino a 120 mm, e, un diametro molto sottile, fino a 2 mm. Nella porzione apicale terminano con apice appuntito o a volte strettamente cilindrico. La superficie è liscia ma alla base sono presenti delle escrescenze simili a piccole spine. La base è ornata da ife biancastre. L’imenoforo è indistinto dal gambo; generalmente si considera che sia presente nei 2/3 superiore della superficie.

La carne è elastica, tenace e di color giallastro. Odore e sapore non significativi.

Al microscopio le spore appaiono amigdaliformi, di dimensione 7-10 x 3,5-4 µm, lisce e non amiloidi, ialine, e bianche in massa.

Crescono in gruppi di molti esemplari sparsi, su foglie di latifoglie varie, ma possono crescere anche su steli marcescenti, soprattutto in zone umide e molto muschiose, in autunno. I ritrovamenti fatti all’Isola Polvese sono avvenuti nella lecceta dell’isola, sia nella parte bassa a livello del lago, sia nella parte alta, in ambiente molto umido. Specie che si presenta molto diffusa nell’isola con numerosissimi esemplari

Osservazioni

Potrebbe esser confusa con esemplari di Macrotyphula fistulosa, che però si presenta con basidiomi che possono arrivare fino a 300 mm di altezza e 8 mm di diametro; ha anche spore ellissoidali molto più grandi, 10-15 x 5,5-8 µm, e cresce su legno degradato di latifoglie.

La specie potrebbe essere confusa anche con Macrotyphula tremula: questa però ha basidiomi piccoli, alti fino a 40 mm e 1 mm di diametro, da cilindracei a leggermente clavati, di colore giallo-ocracei. Anche questa specie ha spore ellissoidali sono più grosse, 12-14 x 4-5 µm, e cresce sugli steli delle felci marcescenti.

Adriano De Angelis, Andrea Arcangeli, Rosalba Padula

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