5G, tra fake-news e realtà

Sul tema del 5G continuano a circolare informazioni allarmanti, amplificate enormemente dai social-media e dalle forti preoccupazioni ed ansie per la salute. Spesso ci siamo imbattuti in diverse spiegazioni più o meno fantasiose nella maggior parte dei casi destituite di ogni attendibilità: le cosiddette “fake news”. Purtroppo la rapidità con cui spesso si rincorre la notizia va a scapito della verifica della sua qualità. E’ quindi sempre necessario fare riferimento a comunicati ufficiali e a istituzioni accreditate. Questa nota Arpa FVG vuole fare chiarezza su alcuni luoghi comuni, o vere e proprie fake-news, relative alla nuova tecnologia 5G.

Cosa si intende esattamente con il termine 5G? 

Con il termine “5G” si fa comunemente riferimento alle nuove tecnologie di telefonia mobile giunte oramai alla quinta generazione. Da questo punto di vista, non è altro che l’evoluzione di tecnologie già presenti ed ampiamente utilizzate.

Rispetto alle antenne tradizionali, quelle 5G sono definite “attive” (o a fascio tempo-variabile), poiché sono in grado di modulare il fascio di radiazione in base alle necessità e alle richieste. Queste antenne sono definite anche “intelligenti”: non emettono più un fascio distribuito in modo statico attorno al punto di emissione, ma sono in grado di attivare secondo necessità singoli elementi radianti (o gruppi di elementi radianti), indirizzando il segnale solo verso gli utenti in quel momento connessi.

Cosa sappiamo sulla sicurezza di questa tecnologia?

Il 5G utilizzerà tre distinte bande di frequenza700 MHz, 3600-3800 MHz e 26 GHz, mentre le attuali tecnologie sfruttano frequenze comprese tra 800 MHz e 2,6 GHz.

La tecnologia 5G andrà quindi ad utilizzare anche radiazione a frequenza maggiore rispetto a quella utilizzata dalle tecnologie precedenti. Questo desta particolare preoccupazione nella popolazione. In realtà i limiti associati alle frequenze maggiori (26 GHz) sono più alti, poiché tali frequenze hanno una minore pericolosità. L’associazione tra aumento della frequenza e maggiore pericolosità delle radiazioni non è corretta, basti pensare, ad esempio, alla luce visibile, anch’essa una radiazione elettromagnetica, che ha frequenze oltre 10.000 volte più elevate di quelle del 5G.

Come le altre tecnologie, anche il 5G deve rispettare le norme di riferimento molto precise e rigorose. Per quanto riguarda i limiti di esposizione della popolazione la principale fonte normativa è la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999, che definisce i livelli di riferimento per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Tale raccomandazione stabilisce, ad esempio, che il livello di riferimento di un telefono mobile a 900 MHz è pari a 41,25 Volt per metro (V/m), per un forno a microonde (2,3-2,4 GHz) è pari a 61 V/m.

I limiti riportati dalla Raccomandazione europea derivano, a loro volta, da studi scientifici internazionali della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP), i cui risultati sono stati pubblicati nel 1998 e aggiornati nello scorso mese di marzo.

I limiti di esposizione in Italia

La raccomandazione UE lascia la facoltà agli Stati membri di definire dei livelli di protezione più elevati di quelli proposti. Ed è ciò che ha fatto l’Italia, che ha definito per le antenne tre diversi limiti: “limite di esposizione”, “valore di attenzione” e “obiettivo di qualità”.

  • Il limite di esposizione dipende dalla frequenza e il suo valore è pari a 20 V/m da 3 MHz a 3 GHz e 40 V/m da 3 GHz a 300 GHz, inferiore al livello di riferimento della normativa europea.
  • Il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità, che si applicano alle aree a permanenza prolungata e a quelle intensamente frequentate, sono pari a 6 V/m, molto inferiori ai limiti presenti nella raccomandazione europea.

In Friuli Venezia Giulia sono già state installate antenne dedicate al 5G?

Sì, alcune prime installazioni sono già state fatte. Prima di riportare dei numeri è importante capire qual è il ruolo di Arpa. Quando un gestore vuole installare un’antenna radio-base deve presentare una domanda di autorizzazione al Comune, allegando il parere preventivo dell’ARPA, che si esprime sulla compatibilità del progetto con i limiti previsti dalla normativa per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici. Le valutazioni ARPA considerano l’impatto massimo sia dell’impianto in progetto che degli impianti già presenti sul territorio, verificando il rispetto dei limiti di legge in tutti i punti accessibili dalla popolazione.

Complessivamente (dato del 20 aprile 2020), di questi pareri preventivi Arpa ne ha già rilasciati più di 100 ed alcuni risultano già attivati, sebbene non ancora a pieno regime.

E’ da segnalare che la banda a 3700 MHz è già disponibile ed utilizzabile, mentre la banda a 700 MHz sarà attivabile a partire da luglio 2022. Al momento Arpa non ha ricevuto nessuna richiesta di parere per impianti della banda a 26 GHz.

E’ importante inoltre precisare che in nessun comune della Regione Friuli Venezia Giulia è prevista la sperimentazione del 5G. I comuni della regione che si trovano in situazione di “divario digitale”, non saranno sottoposti ad alcuna sperimentazione, ma ad essi sarà assicurata la copertura 5G entro il 2027, come al restante 99.4% della popolazione nazionale.

Ci sono delle possibili correlazioni tra Covid-19 e 5G?

Nel sito del Ministero della Salute, che insieme all’Istituto Superiore di Sanità ha confutato 10 fake news relative all’argomento Covid-19, è riportato che “Non ci sono evidenze scientifiche che indichino una correlazione tra epidemia da nuovo coronavirus e rete 5G”. ISS va oltre e sostiene che “Ad oggi, e dopo molte ricerche effettuate, nessun effetto negativo sulla salute è stato collegato in modo causale all’esposizione alle tecnologie wireless”.

I dati dell’Istituto Ramazzini di Bologna sono estendibili al 5G?

L’Istituto Ramazzini di Bologna ha evidenziato un aumento statisticamente significativo di alcuni tumori maligni a seguito di esposizione a radiofrequenze. Si deve tuttavia precisare che queste ricerche sono state effettuate utilizzando tecnologie precedenti al 5G e che l’ICNIRPha specificato che questi studi non forniscono evidenze coerenti, affidabili e generalizzabili che possano essere utilizzate per modificare gli attuali limiti. 

L’aumento delle antenne dovute al 5G aumenterà il rischio di tumori?

No. La IARC classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza come possibili cancerogeni per l’uomo. Tale classificazione si riferisce, come riportato a questo link, alle esposizioni dovute all’utilizzo dei telefoni cellulari, non alle esposizioni ambientali o lavorative.

La tecnologia 5G (il cosiddetto “internet delle cose”), prevede l’installazione di un numero abnorme di antenne?

In relazione alla installazione di un numero elevato di antenne, le informazioni in possesso di Arpa e la constatazione delle attuali modalità di gestione delle reti, fanno supporre che la tecnologia 5G utilizzerà prioritariamente gli attuali impianti per la telefonia mobile e generalmente non richiederà l’installazione di nuove strutture.

Documentazione citata:

Rappresentazione grafica delle differenze tra antenne 4G (a fascio statico) e antenne 5G (a vascio tempo-variabile)
Lo spettro elettromagnetico
Pubblicazione ICNIRP di marzo 2020 
Numero di pareri rilasciati da Arpa per impianti 5G e impianti attivati suddivisi per area territoriale (ex-Province) e per frequenza. Dati aggiornati al 20 aprile2020
Pubblicazione Ministero Sanità 
Pubblicazione ICNIRP 
Pubblicazione IARC

8 pensieri su “5G, tra fake-news e realtà

  1. Vorrei far notare che il seguente quesito con relativa risposta sono fuorvianti, la domanda sull’aumento delle antenne è generica, mentre il no secco di risposta non è corretto, sarebbe più corretto dire come in una risposta precedente che non ci sono evidenze, non avere elementi sufficienti per affermare qualunque cosa non è la stessa cosa che negare, ecco il quesito a cui mi riferisco:

    “L’aumento delle antenne dovute al 5G aumenterà il rischio di tumori?

    No. La IARC classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza come possibili cancerogeni per l’uomo. Tale classificazione si riferisce, come riportato a questo link, alle esposizioni dovute all’utilizzo dei telefoni cellulari, non alle esposizioni ambientali o lavorative.”

    1. Buongiorno sig. Enrico Salvatore,
      la ringraziamo per il puntuale commento. Effettivamente il “rischio zero” non è contemplato nei processi di analisi scientifica. La risposta “secca” è stata una semplificazione comunicativa.
      
Con la risposta si è colta l’occasione di mettere in evidenzia che lo studio dello IARC del 2011 ha classificato i campi elettromagnetici per le telecomunicazioni come possibilmente cancerogeni (gruppo 2B), in relazione all’esposizione dovuta all’utilizzo dei dispositivi mobili (telefoni cellulari) e non in relazione a esposizioni ambientali (quali quelle delle antenne) e lavorative. Richiamando il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (Rapporto ISTISAN 19/11 http://old.iss.it/publ/?lang=1&id=3195&tipo=5) si legge come “…le evidenze relative alla possibile associazione tra esposizione a RF e rischio di tumori si siano indebolite…” a seguito delle ulteriori valutazioni e studi.
      
Come da lei messo in evidenza, anche la recente pubblicazione dell’ICNIRP (https://www.icnirp.org/cms/upload/publications/ICNIRPrfgdl2020.pdf) ha evidenziato come in alcuni studi ci siano effetti legati all’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, tuttavia emerge che non ci sono sostanziali evidenze di effetti sanitari rilevanti e che l’analisi comparata degli studi epidemiologici non fornisce evidenze di cancerogenesi per le esposizioni e ai livelli normalmente incontrati nella vita dalla popolazione comune.

      Settore Protezione dall’inquinamento elettromagnetico – Arpa FVG

  2. Vorrei sapere se è vero che gli alberi costituiscono un intralcio per la diffusione della tecnologia 5G. In città, Firenze, si è visto un aumento incredibile e tutto in una volta, del taglio degli alberi, che non si è fermato neanche durante il lock down da Corona virus. E’ vero? grazie,
    Marina Carli

    1. Buongiorno sig.ra Marina,
      certamente, per il caso specifico, maggiori informazioni circa l’attività di potatura potranno essere fornite dall’amministrazione cittadina. Da un punto di vista generale non ci sono evidenze di incompatibilità tra le piante e lo sviluppo delle reti wireless. È comunque utile osservare che la condizione ottimale per la propagazione del segnale, per la rete 5G come per le altre tecnologie, è quella in assenza di ostacoli; infatti le onde elettromagnetiche vengono schermate dagli oggetti che incontrano sul loro cammino (muri, edifici, rilievi orografici, quinte arboree,….) e pertanto più ostacoli attraversano minore sarà la distanza percorsa dal segnale. Pertanto nella pianificazione del posizionamento delle antenne (di qualsiasi tecnologia non solo del 5G) è necessario tener conto di questo elemento. Inoltre non siamo a conoscenza di alcuna normativa che prevede l’abbattimento indiscriminato degli alberi per lasciar spazio alle installazioni telefoniche.
      Facendo una rapida ricognizione in rete, e controllando le fonti delle notizie, appare abbastanza plausibile che la teoria degli abbattimenti sia una ennesima fake news associata al 5G.

      Settore Protezione dall’inquinamento elettromagnetico – Arpa FVG

  3. Vorrei farvi notare che la correlazione fra gli EMF (campi elettromagnetici) e la loro azione immunosoppressiva è stata studiata a lungo quindi non mi venite a dire che il 5G è sicuro:
    https://www.defendershield.com/emf-immune-system-affects-disease-chronic-illness/
    Un’altra preoccupazione è che gli strumenti per misurare gli EMF non arrivano nemmeno alle frequenze del 5G che può arrivare a diversi GHz e comunque i misuratori di EMF costano una cifra. Questo vuol dire che un cittadino preoccupato non avrebbe neanche dei mezzi semplici per poter misurare gli EMF di casa sua per poter capire se i limiti di legge sono rispettati.

    1. Buongiorno e innanzitutto grazie per le sue considerazioni.
      Comprendiamo la preoccupazione sua e di molti altri cittadini. Proprio per questo, anche attraverso articoli di questo tipo, cerchiamo di dare risposta e fare chiarezza su argomenti spesso complessi.
      La risposta al commento precedente crediamo possa essere utile anche per chiarire i dubbi sulla prima parte della sua riflessione ossia su come alcuni studi evidenzino effetti legati all’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza. Tuttavia, ad oggi, emerge che non vi siano sostanziali evidenze di effetti sanitari sotto i limiti fissati a livello internazionale (estratto da documento ICNIRP).
      Solo per una maggiore chiarezza, ricordiamo che Arpa non studia gli effetti sulla salute dei CEM, ma si riferisce a fonti ufficiali quali appunto l’ICNIRP e l’ISS.
      Invece, Arpa è l’organo tecnico deputato alle misure e valutazioni dei CEM, quindi relativamente alla possibilità di misurazione dei segnali 5G, possiamo affermare che sono pienamente verificabili da parte delle Arpa. Inoltre, come espresso nell’articolo, attualmente sono attivabili solo impianti che trasmettono nelle bande di frequenza prossime a quelle già utilizzate per altri tipologie di segnali (2G, 3G e 4G) e che le autorità preposte già monitorano (ad esempio Arpa FVG è dotata di sonde che misurano fino a 40 GHz, quindi anche le frequenze più alte). Molte Arpa hanno attivato modalità di visualizzazione dei propri monitoraggi sui propri siti web e avviato un dialogo continuo, attraverso vari canali (social, Urp, ecc.), per chiarire i dubbi dei cittadini sul tema dei campi elettromagnetici.

      Settore Protezione dall’inquinamento elettromagnetico – Arpa FVG

  4. Vorrei farvi notare come voi basate le vostre certezze scientifiche su uno studio vecchio, risalente al 2G, fatto per un’irradiazione di solo 1/2 ora al giorno, su dei manichini riempiti di gel, e validato da un Ente privato, costituito da persone che hanno un Conflitto di interessi comprovato (ICNIRP).
    Mentre invalidate uno studio scientifico serio e indipendente fatto dal Ramazzini, più recente, durato 12 anni e fatto su cavie vive, che ha trovato le stesse evidenze di cancerogenicità dello studio del National Toxicology Program.

    1. Buongiorno e grazie per le sue considerazioni.

      Il suo commento mi consente di precisare che l’intento dell’articolo, visto anche le numerose richieste che pervengono alla nostra Agenzia, è di fornire informazioni ai cittadini per far sì che ognuno possa valutare al meglio e formarsi la propria opinione sulla base delle proprie conoscenze, della propria esperienza e anche delle proprie convinzioni personali.

      Come ente tecnico basiamo la nostra attività di monitoraggio e controllo ambientale su ricerche e studi di istituzioni ufficialmente riconosciute e che cerchiamo di riportare puntualmente, senza interpretazioni o distorsioni.

      Ci sono molti altri soggetti autorevoli che trattano dell’argomento dei CEM: perché proprio l’ICNIRP?
      Perché l’ICNIRP è la commissione internazionale incaricata di studiare gli effetti delle radiazioni non ionizzanti; analogamente l’ICRP è la commissione internazionale che studia gli effetti delle radiazioni ionizzanti e stabilisce le regole per la protezione della popolazione e dei lavoratori dai raggi x, dai raggi gamma (utilizzati ad esempio in radiologia e radioterapia negli ospedali), dal radon.

      Inoltre, come riportato nell’articolo, è proprio sugli studi dell’ICNIRP che si basano i livelli della Raccomandazione europea e, di conseguenza, i limiti italiani.

      In quanto agli studi dell’Istituto Ramazzini e del NTP, riteniamo siano studi importanti proprio perché studi scientifici, e vadano valutati accuratamente, insieme agli altri studi, dalla comunità scientifica che si occupa dell’argomento.

      Anche lo studio dell’ICNIRP, che ricordiamo essere stato aggiornato nel marzo 2020 e che trae le proprie conclusioni dopo un’attenta ed estesa valutazione della letteratura in materia, comprende gli studi del NTP e dell’Istituto Ramazzini.

      Infine, ribadiamo il ruolo delle Agenzie che è sostanzialmente quello della verifica del livelli di campo elettromagnetico ed il loro confronto con i limiti di legge, limiti che rimangono però di esclusiva competenza dello Stato.

      Settore Protezione dall’inquinamento elettromagnetico – Arpa FVG

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