La lezione di Covid-19 sul clima

La giornalista scientifica Simona Re argomenta la connessione che può esserci fra l’epidemia in corso di coronavirus ed il cambiamento climatico.

“Cos’ha a che fare un’epidemia con il clima? I virus causano il cambiamento climatico? No, e falso è il contrario. Forse. Come ben afferma su Agi Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica molecolare del CNR-IGM di Pavia, per spiegare la maggior frequenza delle epidemie negli ultimi decenni «I fattori coinvolti sono molteplici: cambiamenti climatici che modificano l’habitat dei vettori animali di questi virus, l’intrusione umana in un numero di ecosistemi vergini sempre maggiore, la sovrappopolazione, la frequenza e rapidità di spostamenti delle persone». Mettiamo allora a confronto tre grandi attori: le epidemie, i cambiamenti climatici e la biodiversità.

COME NASCE UN’EPIDEMIA

L’epidemia è la rapida diffusione di una malattia in un territorio più o meno vasto. Nell’antichità le cause venivano attribuite all’azione divina, all’aria malsana e all’influenza degli astri. A sfatare questi miti fu la scoperta di batteri e virus patogeni in grado di provocare infezioni e di “spostarsi” da un individuo all’altro. Gli episodi degli ultimi anni come la diffusione di SARS, MERS e influenza aviaria ci insegnano ancora qualcosa di nuovo, mostrandoci che la sovrappopolazione e la crescente frequenza e rapidità dei nostri spostamenti sono fattori di rischio per lo scatenarsi di un’epidemia. A piccola scala, è lo stesso significato che ritroviamo nelle misure messe in atto dall’Italia per il contenimento della Covid-19. Pensiamo alla chiusura momentanea di scuole e università, e alla sospensione di manifestazioni ed eventi in alcune regioni per evitare l’affollamento. Sul ruolo degli spostamenti, in linea ancora con le cause, è negli aeroporti che si sono intensificati all’inizio gli sforzi dei controlli per contenere la diffusione del nuovo coronavirus nel Paese.

Per quanto riguarda l’origine della Covid-19, causata dal virus SARS-CoV-2, al momento il primo focolaio viene individuato in un mercato alimentare di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei, in cui si vendevano animali d’allevamento e selvatici. Tra i possibili vettori si sono indicati i serpenti, poi i pipistrelli e a seguire i pangolini. A questo proposito, SARS-CoV-2 è solo il più recente dei casi di virus patogeni trasmessi da un animale selvatico. Lo stesso è avvenuto ad esempio per SARS, influenza aviaria, ebola e HIV, rispettivamente attraverso la civetta delle palme, i dromedari e i primati. A favorire lo spillover o “salto di specie”, e quindi il passaggio e l’adattamento nell’uomo, è stato questa volta lo stretto contatto con animali selvatici, vivi e morti, all’interno di un mercato cinese. La colpa è dunque degli animali? No. Tanto per cambiare, si fa per dire, la colpa è dell’uomo. Infatti, prelevare animali selvatici dal loro ambiente naturale e indurre artificialmente un’elevata concentrazione di individui di diverse specie esotiche in uno spazio limitato crea le condizioni ideali per la trasmissione di zoonosi. La genesi dell’epidemia è presto fatta, dal momento che lo spillover può risultare a volte in una certa aggressività del virus nella nuova specie ospite, manifestando anche un’elevata velocità di propagazione.

Ma questo esempio, purtroppo, è solo la punta dell’iceberg del genere di rischi per la salute che il nostro impatto sulla biodiversità può generare. Al prelievo e alla commercializzazione di animali selvatici, si aggiungono i rischi derivanti dalla modifica degli habitat e le imprevedibili conseguenze del contatto dell’uomo con ecosistemi vergini. Diversi studi dimostrano ad esempio che la deforestazione aumenta il rischio di esposizione ad agenti patogeni, come il virus Nipah, il virus Lassa, la malaria e la malattia di Lyme, amplificandone la diffusione. Come spiega in un’ANSA la virologa Ilaria Capua, direttrice del One Health Center of Excellence dell’Università della Florida, «Tre coronavirus in meno di 20 anni un forte campanello di allarme. Sono fenomeni legati anche a cambiamenti dell’ecosistema: se l’ambiente viene stravolto, il virus si trova di fronte a ospiti nuovi».”

Simona Re, poi approfondisce l’impatto delle attività umane e gli effetti della sovrappopolazione sul clima e sulla biodiversità, per poi approdare al tema centrale, e cioé clima ed epidemie.

CLIMA ED EPIDEMIE

“Eccoci arrivati dunque alla domanda iniziale: cosa c’entrano le epidemie con il clima? C’entrano parecchio, perché condividono molte delle cause e delle soluzioni. La sovrappopolazione dell’uomo sulla Terra si associa al contempo a un’eccessiva produzione di CO2 e a un aumentato rischio dell’insorgenza di epidemie. Lo stesso vale per i danni inflitti alla biodiversità, con conseguenze nefaste per il clima (per la ridotta capacità dei sistemi naturali di immagazzinare il carbonio) e per la nostra salute (ad esempio incorrendo in pericolosi patogeni). D’altra parte, secondo il Millennium Ecosystem Assessment, verso la metà del secolo le dimensioni della popolazione mondiale andranno stabilizzandosi.

Clima e salute viaggiano in tandem. A evidenziarne il legame è il Lancet Countdown report 2019, che associa i cambiamenti climatici a un’aumentata diffusione delle patologie infettive. Prime fra tutte, febbre dengue, malaria e Vibrio cholerae. L’impatto del clima sulla salute è aggravato anche dalle minacce alla sicurezza alimentare (per siccità e minor resa delle colture), e dai pericoli derivanti da eventi meteorologici estremi (come le alluvioni), incendi, inquinamento atmosferico e ondate di calore. Notiamo anche che le attività antropiche che causano le emissioni possono esse stesse causare danni diretti alla nostra salute. Dai decessi prematuri per l’inquinamento atmosferico, all’aumentato rischio cardiovascolare e di morte prematura per consumo di carne rossa, salumi e insaccati. Un esempio dell’indebolimento della nostra specie ad opera del cambiamento climatico è dato dalla riduzione, già registrata, della capacità lavorativa a livello globale. Infine, il legame tra clima e salute funziona anche al contrario. A fronte della necessaria riduzione di emissioni dal settore sanitario (4.6%), queste risultano ancora in aumento a livello globale.

Lotta al cambiamento climatico ed epidemie hanno un costo. Vale per l’impatto di Covid-19 sull’economia cinese, che pur ha beneficiato in salute della drastica riduzione delle emissioni a seguito del rallentamento di industria e trasporti per effetto della quarantena. Vale per le misure di contrasto all’impatto economico del nuovo coronavirus in Italia, a oggi oggetto di studio di autorevoli economisti. In tema di costi e co-benefici ricordiamo che, come dimostrato dal Basque Centre for Climate Change su The Lancet nel 2018, il vantaggio economico dei benefici in salute derivanti da un’efficace lotta al cambiamento climatico ci consentirebbe di risparmiare migliaia di miliardi di dollari a livello globale.

COME PROTEGGERCI DA CAMBIAMENTI CLIMATICI ED EPIDEMIE

Le emissioni di gas serra e la presenza di virus, entro limiti “fisiologici”, sono entrambi fondamentali per preservare i complessi equilibri della nostra biosfera. Ma l’uomo rischia ora di tramutarsi in un virus che fa ammalare la sua stessa casa. Se non addirittura se stesso. L’aumento delle epidemie è solo uno degli effetti indiretti, eppur gravi, delle massicce emissioni e del nostro impatto sulla biodiversità. Il quadro si aggrava ulteriormente per effetto dei ritardi nell’adozione e implementazione di piani nazionali di adattamento per la salute e il cambiamento climatico. Nella fattispecie, e a titolo esemplificativo, trattasi di politiche efficaci difficilmente compatibili con un taglio di 37 miliardi di euro al settore sanitario negli ultimi 10 anni (Figura 2, Report Gimbe n. 07/19).

Fonte: Report Gimbe

Un circolo vizioso e complesso lega le epidemie ai cambiamenti climatici, ma molte soluzioni possono essere le stesse: fermare l’aumento delle emissioni, ridurre il nostro impatto sull’ambiente, e investire in trasformazione e adattamento, scommettendo sui co-benefici della lotta per il clima. A questo, aggiungere una buona informazione da parte dei mediamigliore di quella sulla Covid-19 – , la giusta sensibilizzazione da esperti e istituzioni, e un pizzico di sale. Sulle risorse per far fronte all’emergenza di Covid-19 in Italia, ammonta a circa 1 miliardo di euro quanto appena stanziato con specifico decreto per l’assunzione di nuovi medici e infermieri, e per aumentare le dotazioni di attrezzature. Se temiamo l’impatto del nuovo coronavirus sull’economia del Paese, laviamoci le mani e atteniamoci alle disposizioni di medici, Protezione Civile e istituzioni. Se vogliamo sconfiggere la paura delle epidemie, allora iniziamo a mangiare meno carne, ricicliamo i nostri abiti, usiamo meno l’auto, e chiediamo ai nostri politici di iniziare a parlare seriamente di mitigazione e adattamento. E laviamoci le mani. Ma ricordiamo. Non bastano le azioni individuali per contrastare il cambiamento climatico, senza un’efficace inversione di rotta di politici e aziende. Non basta un sistema sanitario “fiore all’occhiello”, se questo non dispone delle risorse necessarie per sopravvivere a un’emergenza. Che sia, ci auguriamo, occasione per tutti per ancora migliorare.”

L’articolo integrale su Micron

3 pensieri su “La lezione di Covid-19 sul clima

  1. Non è la sovrapopolazione Umana a distruggere il pianeta ma quella degli animali allevati nei sistemi agro-industriali CHE CONSUMANO COME ALMENO 20 MILIARDI DI ESSERI UMANI. O chiudiamo gli allevamenti e l’agricoltura a base di pesticidi-ogm-medicinali… o la Natura si libererà degli esseri DISUMANI che li allevano in quel modo !!
    Anche se l’autore tralascia l’impatto drammatico di agricoltura e allevamenti industriali sulla salute umana e ambientale, nell’articolo vi sono alcuni dati interessanti sulla distruzione degli habitat selvatici e sulla generazione di nuovi patogeni “ambientali”…
    SONO 25 ANNI CHE USIAMO I FONDI EUROPEI CHE CI POTEVANO SALVARE RICONVERTENDOCI ALL’AGRO-ECOLOGIA… PER L’ESATTO CONTRARIO SOSTENENDO L’AGRICOLTURA “DIS-INTEGRATA” A BASE DI PESTICIDI E GLI ALLEVAMENTI INDUSTRIALI… TRUFFANDO I CITTADINI EUROPEI.
    ORA DOBBIMO CORRERE PER TENTARE DI SALVARCI…

  2. I PROSSIMI BANDI DEI PSR REGIONALI SONO CRUCIALI PER LA RICONVERSIONE AGROECO-BIOLOGICA
    Dobbiamo aprire i bandi nel rispetto delle norma eurpee, finanziando solo l’agricoltura biologica e gli allevamenti biologici (benessere animale) e tecniche agroclimatico-ambientali addizionali come il recupero della biodiversità, l’incremento dell’humus attraverso colture di copertura e sovesci, l’agroforestazione e il recupero delle siepi e aree indisturbate, varietà antiche territoriali e commerci locali prioritari, cooperazione tra agicoltori biologici, assistenza tecnica indipendente dai venditori di pesticidi, formazione e tutoraggio, spese di certificazione biologica a carico delle regioni con potenziamento del sistema di controllo (disponbili 3.000 e ad azienda /anno), innovazioni esclusive per i bioterritori, tutela degli impollinatori e degli organismi ausiliari (biodiversità funzionale), cura particolare biologica degli Ulivi secolari e delle tradizioni paesaggistiche, protezione dal dissesto idrogeologico… ecc.
    Sono 3 decenni che scriviamo alle regioni e alla comissione UE, oltre che ai servizi di controllo e alla Corte dei COnti UE… quest’ultima l’unica che risponde a dovere nelle sue relazioni critiche in materia agroambeintale… senza potere d’intervento. Mentre si attende dal 2009 la sentenza del TAR Toscana sulle distrazioni di fondi agroambientali verso la falsa agricoltura integrata , mentre si sottocommisuravano i pagamenti agroambientali a quella biologica… l’esatto opposto di ciò che prevedevano le norme europee di riferimento.
    Siamo nel Far wes dei Pesticidi…
    Leggete il mio articolo “Agroecologia Urbana e Rurale tra diritti e Doveri nel testo “Getta un Seme”
    Edito da Nuove Direzioni – Vittoria Assicurazioni, pag. 24, a cura di Marina Clauser – Università di Firenze, con Prefazione di Luca Mercalli… al Link:
    http://www.nuovedirezioni.it/dettagli_pubblicazione2.asp?id=11

  3. I PROSSIMI BANDI DEI PSR REGIONALI SONO CRUCIALI PER LA RICONVERSIONE AGROECO-BIOLOGICA
    Impegnando gli agricoltori per 5 anni…
    Dobbiamo aprire i bandi, nel rispetto delle norma eurpee, finanziando solo l’agricoltura biologica e gli allevamenti biologici (benessere animale) e tecniche agro-climatico-ambientali addizionali come il recupero della biodiversità, l’incremento dell’humus attraverso colture di copertura e sovesci, l’agroforestazione e il recupero delle siepi e aree indisturbate, varietà antiche territoriali, commerci locali prioritari, cooperazione tra agicoltori biologici, assistenza tecnica indipendente dai venditori di pesticidi, formazione e tutoraggio, spese di certificazione biologica a carico delle regioni con potenziamento del sistema di controllo (disponbili 3.000 e ad azienda /anno), innovazioni tecniche esclusivamente per i bioterritori, tutela degli impollinatori e degli organismi ausiliari (biodiversità funzionale), cura particolare biologica degli Ulivi secolari e delle tradizioni paesaggistiche, protezione dal dissesto idrogeologico… ecc.
    Sono 3 decenni che scriviamo alle regioni e alla comissione UE, oltre che ai servizi di controllo e alla Corte dei Conti UE… quest’ultima l’unica che risponde a dovere nelle sue relazioni critiche in materia agroambeintale… senza potere d’intervento.
    Mentre si attende dal 2009 la sentenza del TAR Toscana sulle distrazioni di fondi agroambientali verso la falsa agricoltura integrata , mentre si sottocommisuravano i pagamenti agroambientali a quella biologica… l’esatto opposto di ciò che prevedevano le norme europee di riferimento.
    Siamo nel Far wes dei Pesticidi…
    Leggete il mio articolo “Agroecologia Urbana e Rurale tra diritti e Doveri nel testo “Getta un Seme”
    Edito da Nuove Direzioni – Vittoria Assicurazioni, pag. 24, a cura di Marina Clauser – Università di Firenze, con Prefazione di Luca Mercalli… al Link:
    http://www.nuovedirezioni.it/dettagli_pubblicazione2.asp?id=11

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