Laghi e fiumi d’Italia, tra storia e geologia

Un nuovo modo di fare ricerca geologica. E’ quello proposto da Ispra nel ciclo di seminari dal titolo “Storia e geologia”, in collaborazione con la Società geografica italiana e Società italiana di geologa ambientale (Sigea). Un percorso inaugurato il 2 ottobre a Roma, presso Villa Celimontana, in una giornata di studio dedicata alla ricerca sui rischi naturali. Nella convinzione che per analizzare i fenomeni geomorfologici di oggi ci sia bisogno di un approccio multidisciplinare, che spazi anche verso la storia, l’archeologia, la paleontologia e altri campi del sapere. Discipline tutte rappresentate nel ciclo di seminari promosso da Ispra, che si concluderà a maggio del prossimo anno. Qui il programma completo.

Fiumi e laghi italiani ritenuti scomparsi, sorgenti sacre dell’antica Roma: sono stati al centro del secondo appuntamento nella giornata del 13 novembre. Introdotta dal giornalista e divulgatore Roberto Giacobbo, che in un video messaggio ha sottolineato il valore dell’interdisciplinarietà degli studi geologici presentati nel corso dell’evento.

A partire da quelli di natura storico-geofisica avviati da un gruppo di ricerca Ispra-Ingv (Console, Pantaloni e Valenzise) per studiare la piana del Fucino e l’antico lago. Le ricerche hanno portato all’individuazione dello spostamento del depocentro dell’antico lago: è stato cioè ipotizzato che il punto di massima profondità del bacino d’acqua si sia spostato nel corso del tempo, forse a causa dei terremoti. E’ probabile che una delle zone di faglia che hanno dato origine alla sismicità della piana – quello del Fucino nel 1915 fu uno dei terremoti più devastanti della storia d’Italia – passasse proprio sotto al lago oggi prosciugato.

Se le fonti storiche hanno aiutato gli studiosi a rivedere le origini di un lago, altre tracce hanno consentito di fare nuove scoperte su laghi oggi non più esistenti. Grazie ad un progetto di ricerca dell’Università della Tuscia e Ispra (Madonna e Nisio) è stata probabilmente individuata la località dove sorgeva il mitico lago di Turno. Antiche cronache ne raccontano l’esistenza, ma dove si trovasse esattamente lo specchio d’acqua era ancora un mistero. Il lago prende il nome dall’eroe romano Turno Erdonio, vissuto al tempo dell’imperatore Servio Tullio. La leggenda racconta che Turno sia stato giustiziato proprio nelle mitiche acque. Alcune ricerche avevano ipotizzato che fosse quello di Giuturna, presso la città di Pavona, in provincia di Roma. I nuovi studi condotti da Ispra e dall’ateneo viterbese hanno invece dimostrato che il lago sorgeva altrove. Le carte antiche, infatti, indicavano nell’area di Pomezia la presenza di un laghetto e molti archeologi ne cercavano da tempo le tracce. Gli studiosi hanno verificato nella zona indicata dalle cronache antiche la presenza di uno stagno con sedimenti lacustri, elemento che dimostrerebbe l’esistenza di un antico lago a Pomezia: quello di Turno, appunto.

Ricerche presentate nel corso della giornata hanno raccontato la storia di altri laghi laziali, oggi scomparsi, nel territorio di Frosinone e Latina. Stessa presenza anche in altre regioni: in Veneto e in Friuli è stato fatto un censimento degli specchi d’acqua estinti, ad opera dal prof. Venturini dell’Università di Bologna. La scomparsa di molti specchi d’acqua sembrerebbe avvenuta durante l’era Quaternaria, a causa dei cambiamenti climatici, ma anche durante gli ultimi 4000 anni.

Oggetto di studi è anche la circolazione idrogeologica profonda della città di Roma. Una ricerca Ispra- Ingv (Bersani, Nisio e Pizzino) ha indagato quelle che erano considerate sorgenti sacre nell’antica Roma. Se le fonti d’acqua presenti sul territorio della capitale erano numerose, perché solo alcune venivano ritenute sacre? Le cronache descrivono tali sorgenti come calde, probabilmente mineralizzate, e questa caratteristica le rendeva fonti di natura divina. Le ricerche hanno scoperto un elemento molto interessante: che disegnando una mappa delle sorgenti sacre dei romani, queste si allineano con i luoghi dove si erano verificati eventi sismici. L’ipotesi è, allora, che esistesse una frattura lunga questa traiettoria, dalla quale risalivano emanazioni di gas dal suolo. Anche nelle vicinanze della capitale, a Bracciano, erano presenti altre sorgenti sacre oggi dimenticate, analizzate dalle ricerche di Regione Lazio e Roma Sotterranea (Mancinella e Concas).

Un quadro nuovo e affascinante quello che emerge da questo tipo di studi. Nella sfida di fare della geologia una scienza aperta a prospettive ampie e multidisciplinari di indagine.

(ARP)

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