Emergenza cimice asiatica

Dall’Emilia-Romagna alle regioni del Nord e ora nell’Italia centrale, l’insetto proveniente dall’Estremo Oriente – nome scientifico Halyomorpha halys – sta provocando danni rilevanti ad almeno 300 specie vegetali. Tanti i frutteti attaccati, per non parlare dei noccioleti del Piemonte: nella regione la presenza della cimice marmorata asiatica ha fatto registrare perdite del 90% nel 2017. Secondo i dati del Centro Servizi Ortofrutticoli, per il 2019 sono state stimate perdite complessive in nord Italia superiori ai 250 milioni di euro, che potrebbero aver raggiunto i 350 milioni di euro. I danni si stanno estendendo anche al centro Italia ed è prevedibile una progressiva crescita delle stime se l’espansione della cimice dovesse toccare anche le regioni del Sud.

A dare il quadro nazionale dell’emergenza è stato Piero Genovesi dell’Ispra nel corso di un’audizione in Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati nei giorni scorsi. Un fenomeno che Ispra segue con attenzione e per combattere il quale si stanno mettendo a punto misure di contrasto e prevenzione. I dati raccolti dall’Istituto sulle specie esotiche consentono di avere il quadro nazionale della situazione e di individuare i vettori di arrivo di quelle a maggior impatto per l’ambiente.

Uno dei problemi più gravi nel caso della cimice asiatica è l’elevata capacità riproduttiva, che diventa ancora più veloce e intensa se incontra condizioni climatiche particolarmente favorevoli. In Italia la specie sembra aver trovato il Bengodi: si riproduce due volte l’anno e ogni femmina arriva a deporre anche 200 uova (numero molto superiore rispetto ad altri Paesi), con un tempo di sviluppo degli adulti più rapido di altre latitudini (dati Università di Modena e Reggio Emilia).

Non appare efficace il contrasto con le tecniche attualmente disponibili. La specie ha mostrato un’elevata tolleranza a molti insetticidi e anche le tecniche di prevenzione meccanica, pur presentando una buona efficacia se correttamente applicate, sono molto costose e non si possono usare a larga scala.

La tecnica che appare più promettente è basata sul controllo biologico, ovvero sull’utilizzo di antagonisti naturali della specie. Insetti autoctoni hanno mostrato un potere di contrasto molto limitato, mentre specie antagoniste di origine esotica sembrano più efficaci. In tal senso i dati disponibili indicano che l’utilizzo di Trissolcus japonicus (vespa samurai) potrebbe determinare un significativo effetto sulle popolazioni della cimice asiatica. C’è però da considerare che, da un punto di vista normativo, esiste un generale divieto di immissione in natura di agenti esotici, e la deroga può essere concessa solo in condizioni strettamente controllate.

Un pensiero su “Emergenza cimice asiatica

  1. La specie è già abbondantemente presente in Sicilia. A Palermo, sia in pieno centro urbano che sul Monte Pellegrino, il promontorio che domina la città, è estremamente comune.

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