Permafrost e rischi naturali nelle Alpi piemontesi

Con le alte temperature delle scorse settimane, anomale fino alle alte ed altissime quote, si è riaccesa l’attenzione sui problemi che si possono generare sulla stabilità del permafrost.

Il permafrost (termine che deriva dall’anglosassone “perennially frozen ground”, terreno perennemente congelato) è definito come un geomateriale (suolo, detrito e/o roccia) che ha una temperatura uguale o inferiore a 0°C per due o più anni consecutivi. Il permafrost può, ma non necessariamente, contenere acqua allo stato liquido o ghiaccio ed è presente anche alle alte quote nelle Alpi. Lo strato superficiale del permafrost, soggetto ai cicli di gelo-disgelo stagionale, è denominato “strato attivo” che, nelle Alpi, può avere spessori variabili tra 0,5 e 8-10 m.

Il permafrost è direttamente collegato alle condizioni climatiche globali e locali e per questo è considerato un indicatore importante del cambiamento climatico globale. Influenza l’evoluzione dei paesaggi e degli ecosistemi e la sua degradazione provoca ricadute negative sulle infrastrutture e sulla sicurezza delle persone. Nelle aree montane, la progressiva fusione del ghiaccio contenuto nel permafrost causa un incremento della pericolosità naturale legata soprattutto alla instabilità dei versanti.

Infatti, nel corso degli ultimi decenni è stato osservato un aumento dell’intensità e della frequenza di frane e di colate detritiche lungo l’arco alpino. Ad esempio il collasso della morena del ghiacciaio del Mulinet (nelle Alpi Graie piemontesi, nel settembre 1993), i crolli in roccia sul versante italiano del Cervino (luglio 2003), del Petit Dru (Gruppo del M. Bianco in Francia, ripetuti eventi dal 1997 ad oggi), del Rocciamelone (Val Susa, 2006-2007) ed alcune grandi frane come ad es. la valanga di roccia della Thurwieser in alta Valtellina (oltre 2 milioni di m3 di rocce coinvolte, nel settembre 2004) e la grande frana complessa del Pizzo Cengalo (Val Bregaglia, Cantone dei Grigioni in Svizzera, agosto 2017) in cui circa 4 milioni m3 di roccia si sono staccati da 3000 m di quota ed hanno raggiunto l’abitato di Bondo come colata detritica causando ingenti danni.

Benché i processi si sviluppino a quote elevate, i pericoli connessi alla degradazione del permafrost influenzano le vie di comunicazione, le aree turistiche, le infrastrutture e gli insediamenti. La sfida principale è capire come le autorità preposte debbano considerare questi fattori legati al cambiamento climatico nella prevenzione dei rischi e nello sviluppo regionale. In numerose località montane il tema della degradazione del permafrost in relazione ai cambiamenti climatici deve essere correttamente valutato e inserito nelle buone pratiche di gestione del rischio. 

Arpa Piemonte, ha installato a partire dal 2009 una rete di monitoraggio del permafrost nel territorio alpino regionale nell’ambito del progetto europeo transnazionale “PermaNet” e dal 2016 è attiva una stazione di monitoraggio multiparametrica sulla dorsale meridionale del M. Rocciamelone a 3150 m di quota, installata nell’ambito del progetto europeo transfrontaliero “PrévRiskHauteMontagne”. Quest’ultima stazione, recentemente ripristinata dopo i danni subiti dagli agenti atmosferici dei mesi scorsi, è dedicata al controllo delle deformazioni dell’ammasso roccioso e delle temperature fino a 30 m di profondità.


Nel prossimo futuro la grande sfida sarà quella di valutare i possibili scenari legati ai rischi naturali in alta montagna al fine di valutare le conseguenze e le strategie di mitigazione del rischio. Ecco perché non solo la comunità scientifica, ma anche le Amministrazioni pubbliche coinvolte nella pianificazione del territorio, nella protezione civile e nella gestione dei rischi naturali hanno aumentato il proprio interesse verso il permafrost.

Si veda anche Il parere di Arpa VDA su “allarme crollo del Cervino”

Per saperne di più:
http://relazione.ambiente.piemonte.it/2017/it/clima/impatti/permafrost
http://relazione.ambiente.piemonte.it/2018/it/clima/impatti/permafrost
http://relazione.ambiente.piemonte.it/2019/it/clima/impatti/permafrost

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