La gestione dei rifiuti in Veneto

Arpatnews ha intervistato Lorena Franz, responsabile dell’Osservatorio Regionale Rifiuti di ARPA Veneto, con i quali ha delineato l’esperienza di quella regione che risulta la regione la più virtuosa, in termini di raccolta differenziata realizzata, con una media regionale del 72,91% nel 2016 (dati ISPRA).

Nella prima parte dell’intervista Lorena Franz spiega come gli ottimi risultati raggiunti in Veneto si fondano su una gestione integrata dei rifiuti, in cui tutte le fasi sono interconnesse e interagiscono portando ad un miglioramento continuo: la diffusione della raccolta separata della frazione organica (raccolta secco-umido), assieme allo sviluppo delle raccolte domiciliari (porta a porta), ha contribuito in modo decisivo alla riduzione dei rifiuti da collocare in discarica destinandoli al recupero e determinando il contenimento della produzione di rifiuti urbani.

Il raggiungimento degli obiettivi imposti dalla normativa rappresenta una realtà consolidata, grazie agli ambiziosi impegni assunti dalle Amministrazioni, alla quotidiana collaborazione dei cittadini nella separazione domestica ed altri interventi normativi previsti dalla Regione Veneto, quali ad esempio gli incentivi economici per la riduzione del deposito in discarica.

Quali sono stati gli elementi più significativi che hanno determinato la vostra esperienza?
Noi parliamo di “modello Veneto di gestione dei rifiuti urbani” definendo le seguenti caratteristiche del sistema che si è sviluppato nel corso degli anni a partire dall’emergenza rifiuti del 1995 (circa) quando problemi alle discariche hanno determinato l’avvio delle prime raccolte secco/umido.

  • elevata percentuale di raccolta differenziata a livello regionale sopra il 72% ma con numerose situazioni di eccellenza che superano l’80%
  • produzione di rifiuto secco residuo di 123 kg/ab/anno con valori in certe zone intorno agli 80 kg/abitante anno,
  • produzione procapite totale di 456 kg/ab/anno (con PIL elevato e 65 milioni di presenze turistiche prima regione in Italia)
  • diffusione capillare della raccolta secco umido al 98% della popolazione con una rete di impianti di recupero (Digestione anaerobica e compostaggio con produzione di energia elettrica e termica, biometano e compost). ARPAV tramite l’Osservatorio regionale compostaggio controlla periodicamente il compost prodotto che rientra ampiamente nei limiti previsti dalla normativa per i fertilizzanti
  • diffusione della raccolta domiciliare al 85% della popolazione con l’applicazione della tariffa puntuale (oltre al 50% della popolazione) ossia commisurata all’effettiva produzione di rifiuti
  • diffusione di centri di raccolta (96% degli abitanti hanno a disposizioni almeno un centro di raccolta) comunali o consortili
  • gestione prevalentemente pubblica del servizio
  • rete di impianti di recupero (oltre 1000) per tutte le frazioni
  • informazione/formazione capillare e continua alla popolazione con costi comunque contenuti che si attestano su 1 euro abitante
  • numerose e diffuse iniziative per la riduzione (feste ecologiche, detersivi alla spina, compostaggiodomestico, giornate del riuso- mercatini di scambio…)
  • il costo medio è inferiore alla media nazionale
  • ecotassa commisurata alla % raccolta differenziata raggiunta già dal 2000 (più alta è la raccolta differenziata minore è il tributo per l’avvio a discarica e quindi viene penalizzato chi avvia a smaltimento)

Questo mix fa sì che i cittadini facciano la raccolta differenziata; nel caso di raccolte domiciliari molti gestori prevedono dei controlli a campione per evidenziare errori nel conferimento e in questo caso sono previsti richiami al cittadino. Il sistema di raccolta differenziata negli anni si è uniformato sulla base dei migliori risultati ottenibili, sui criteri di riferimento definiti dai Consorzi di Filiera (CONAI e altri) e sulle base delle norme UNI (che definiscono le caratteristiche e le modalità della raccolta differenziata).

In Veneto non ci sono problemi significativi di abbandono di rifiuti incontrollato, è così?
Ci sono forme di controllo contro i fenomeni di abbandono (comunque contenuti) quali telecamere sui punti critici, controlli su chi non conferisce, analisi del rifiuto abbandonato e modalità di segnalazione da parte dei cittadini. Il fatto stesso che comunque si paghi un numero minimo di svuotamenti, laddove applicata la tariffazione puntuale, disincentiva l’abbandono. Ovviamente i trasgressori vengono sanzionati. Negli ultimi anni sono in aumento i furti o i saccheggi dai Centri di Raccolta, spesso da parte di soggetti che prendono ciò che ha valore e abbandonano quello che è lo scarto. Questo è un tema delicato che ha forti implicazioni anche sociali e che stiamo monitorando con i gestori pubblici.

Quali criticità avete avuto modo di accertare nelle diverse filiere di gestione di rifiuti?
Non abbiamo riscontrato problematiche particolari sulle filiere che non siano riconducibili a quelle del sistema generale:

  • andamenti del mercato globale che influenzano anche pesantemente le dinamiche del recupero e i costi per i comuni. Mancano incentivi economici sull’utilizzo delle MPS. (materie prime secondeovvero rifiuti che dopo un trattamento di selezione od altro cessano la qualifica di rifiuto)
  • sistema delle aste CONAI: le raccolte differenziate che entrano nel sistema CONAI vengono indirizzate a specifici impianti di recupero prossimi al luogo di raccolta individuati dallo stesso Consorzio. Le MPS che esitano dal recupero sono soggette ad Aste pubbliche estese a tutto il territorio nazionale. Di conseguenza i materiali possono essere acquistati per effetto delle Aste da utilizzatori anche lontani dal luogo di produzione. Le Aziende che utilizzano queste MPS per la loro attività produttiva (produzione di pili, ovatta, vetro…… ) devono comunque avere dei fornitori stabili alternativi anche anche fuori dei confini nazionali. È chiaro che il sistema delle aste può garantire maggiori introiti ai consorzi ma, dal punto di vista ambientale, non è positivo, se la plastica raccolta nel Veneto finisce in Sicilia
  • difficoltà e diversità di interpretazione normativa; criticità nel applicazione dell’End of Waste, ovvero la definizione normativa di un rifiuto che cessa di essere tale per effetto di un trattamento di recupero e diventa MPS
  • difficoltà da parte dei cittadini/comitati di accettare la realizzazione di impianti se pur di recupero

Riguardo alla qualità della raccolta differenziata, spesso si verificano molti problemi, nella vostra esperienza siete riusciti ad assicurare un livello qualitativo elevato, tale da favorire il recupero/riciclo?
Molta attenzione è sempre stata posta alla qualità delle raccolte. Già dal 2005 è stato introdotto l’indice di recupero che, togliendo gli scarti dalle raccolte differenziate, misura l’effettivo recupero per ogni Comune. Il metodo di calcolo delle raccolte differenziate attualmente utilizzato dal Veneto prevede lo scorporo degli scarti (comunicati dagli impianti di recupero tramite apposito documento).

Raccogliere in modo differenziato non è sufficiente, occorre capire poi se questi materiali prendono davvero la strada del recupero e del riciclo. Può illustrarci la situazione da questo punto di vista?

Il comparto industriale veneto ha una capacità produttiva superiore a quanto raccolto tant’è che annualmente vengono importati da fuori regione rifiuti da sottoporre a recupero (organico, vetro, plastica, metalli.….)

I flussi sono comunque complessi anche per il sistema delle aste CONAI che non garantisce Km 0.

Certo resta il fatto che la strada del recupero è complessa e spesso difficile per una serie di complicazioni dovute anche all’andamento dei mercati e, a volte, alla qualità stessa dei materiali recuperati: la carta prodotta con il macero non può avere la stessa qualità di quella prodotta con la cellulosa vergine, si tratta di prodotti diversi con utilizzi diversi. Il vetro da recupero non può fare vetro bianco. Ma bisogna ricordare sempre che non ci sono alternative al recupero. L’alternativa è la discarica, ossia stoccare i rifiuti, che restano lì per sempre e spesso finiscono con creare problemi alle acque sotterranee.

È evidente che il recupero necessiti di specifici sostegni economici almeno fino a quando restano a carico della collettività i costi delle esternalità ambientali negative, generate dagli impatti ambientali(anche se non intenzionalmente prodotti) dell’intero ciclo di vita del prodotto, dall’eccessivo prelievo e utilizzo di materie prime, ai trasporti, alla fase di produzione e alla gestione del fine vita dei beni che diventano rifiuti.

Vedi su Arpatnews  l’intervista completa (pubblicata in due puntate):

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