Riconvertire l’agricoltura rinunciando ai pesticidi

In un approfondito articolo sulla rivista Micron, Cristina Da Rold ripropone il dibattito acceso in Italia, e non solo, sull’uso dei pesticidi. L’autrice evidenzia come su due cose è bene soffermarsi, per cominciare: l’Italia oggi è il secondo Paese europeo per uso di pesticidi e insetticidi e il quinto in Europa per uso di erbicidi.

In Italia il dibattito in merito è molto acceso. Da una parte c’è chi sostiene una necessaria e potente virata verso il biologico, o per lo meno verso un’agricoltura integrata su larga scala, e chi invece ritiene che una visione davvero pragmatica sulla situazione odierna a livello mondiale non possa basarsi su una scelta di questo tipo, ma che l’unica strada percorribile oggi per salvare davvero il pianeta senza morire di fame sia puntare sulle biotecnologie, che rendano le coltivazioni sempre più resistenti e meno bisognose di prodotti fitosanitari.
La difficoltà sta nel fatto che, esaminando i dati e confrontando le argomentazioni senza preconcetti, non è così facile compiere scelte a occhi chiusi verso l’una o l’altra opzione. Su due cose è bene soffermarsi, per cominciare: l’Italia oggi è il secondo Paese europeo per uso di pesticidi e insetticidi e il quinto in Europa per uso di erbicidi. Secondo i dati FAO (Food and Agricolture Organization), nel nostro Paese nel 2015 si utilizzavano 62,3 mila tonnellate di pesticidi su una superficie coltivata stimata di 12,8 milioni di ettari, di cui 7 milioni di ettari di seminativi e 2,3 milioni di coltivazioni legnose e agrarie. A cui si uniscono 7950 tonnellate di erbicidi e 6382 tonnellate di insetticidi. Sul termine “uso” adoperato dalla FAO, però, è necessaria una precisazione importante: la definizione di useall’interno del database FAO è used in or sold in for crops and seeds, cioè a seconda del Paese ci si riferisce all’uso o alla quantità venduta.

Si tratta quindi di dati che è difficile paragonare, poiché l’utilizzo di queste sostanze dipende dalla superficie coltivata di ogni Paese e soprattutto da quanto produciamo, e l’Italia è leader mondiale nella produzione agricola. È vero che acquistiamo grosse quantità di pesticidi ed erbicidi, ma è anche vedo che siamo il primo produttore al mondo di vino e di kiwi e il secondo per produzione di pomodori dopo la Cina e di olio dopo la Spagna. Siamo però al tempo stesso anche il secondo Paese in Europa dopo la Spagna per export di prodotti biologici, per un totale di 1,9 miliardi di euro solo nel 2016. Sono coltivati come biologico 1,7 milioni di ettari di terra in Italia (sui 12 milioni di ettari totali già citati), il 20% in più solo rispetto al 2015, il che significa che nel 2016 sono state convertiti al biologico 300 mila ettari di terra. Ce lo racconta l’ultimo rapporto Bio in cifre 2017 redatto da Sinab (il Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica), che evidenzia con chiarezza che il 2016 è stato un anno da record per il biologico, confermando una tendenza già netta. È aumentata del 15% la produzione agricola sul 2015 e sono cresciute del 16% le esportazioni. Rispetto al 2008 parliamo rispettivamente di una crescita del 121% e del 408%. Oggi ci sono 72 mila operatori bio certificati, e 12 mila si sono aggiunti solo nel 2016.

Attualmente questi 1,7 milioni di ettari di agricoltura biologica si dividono così: 342 mila ettari per colture foraggere, 321 mila ettari di pascoli, 299 mila ettari di coltivazioni di cereali e 222 mila ettari per altri scopi. Ma soprattutto: nel mercato del biologico è il Meridione a trainare l’economia. La Sicilia, la Puglia e la Calabria da sole rappresentano il 46% del totale del biologico prodotto in Italia. Nel Centro e nel Sud il 19% della terra è coltivata a bio, contro il 6% della superficie coltivata al nord. Sempre al Centro Sud 5 aziende su 100 sono bio, contro le 3 del nord: in media parliamo del 4,4% delle aziende sparse nel Paese, ma bisogna considerare che le aziende biologiche sono in media più grandi rispetto a quelle non bio.
Questa è dunque la situazione odierna. Ma come stanno le cose dal punto di vista delle salute ambientale e delle persone?

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Un pensiero su “Riconvertire l’agricoltura rinunciando ai pesticidi

  1. Due quesiti elementari la cui risposta ci permetterebbe meglio di capire quanto e come il nostro paese sia esposto agli effetti della contaminazione ambientale, con relative conseguenze su salute umana e ambientale.
    1) Qual’è comparativamente (per es. con la Francia) la quantità di pesticidi utilizzata rispetto all’effettiva superficie coltivata? Siamo infatti un paese con superficie a prevalenza montano/collinare e il grosso di coltivazione/popolazione si concentra su una assai limitata superficie di pianura o prima collina. Se ai 12 milioni di ha sottraiamo il 1,7 di ha a bio qual’è la più realistica media di Kg per ha?
    2) Qual’è comparativamente (per es. con la Francia) la qualità delle acque di superficie e profonde?

    Potremmo così scoprire che non abbiamo solo primati di produzione ma anche di contaminazione.

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