Smart Working o Lavoro agile: che cosa è?

Lo Smart working, o Lavoro agile, è una forma di prestazione che offre la possibilità di lavorare al di fuori dell’ufficio per alcuni periodi all’interno della settimana ed è il modello di telelavoro che negli ultimi 2 anni ha trovato il maggior gradimento tra i lavoratori e le aziende private più innovative.

In sintesi un lavoratore dipendente può prestare la propria opera, in tutto o in parte, anche al di fuori dalla sede dell’azienda grazie agli strumenti informatici che l’azienda mette a disposizione. Non ha vincoli di orario di lavoro privilegiando il raggiungimento degli obiettivi concordati con il datore di lavoro, garantendo il rispetto del limite massimo di ore lavorative giornaliere e settimanali stabilito dalla legge e dai contratti collettivi. Il lavoratore quindi gestisce il proprio orario mantenendo lo stesso inquadramento contrattuale e con lo stesso trattamento economico e normativo.

È un “lavoro agile” perché basato sulla combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione, che si è diffuso principalmente e velocemente tra le grandi aziende perché è risultato essere una modalità lavorativa vincente.

Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, le aziende che hanno introdotto lo smart working hanno infatti aumentato la produttività, ridotto i costi per la gestione degli spazi e visto calare l’assenteismo. ll lavoro agile è stato quindi riconosciuto come una grande opportunità sia per le imprese che per i lavoratori.

Nel 2015, con la legge 124/2015, art. 14, lo smart working è stato introdotto anche nella PA in affiancamento al telelavoro previsto dalla Legge 191/1998; nel 2017 sono state emanate le linee guida con la Direttiva n. 3/2017 della Presidenza del Consiglio dei Ministri definendo criteri generali e percorsi di valutazione dell’efficacia della nuova modalità di lavoro e nel maggio 2017 è stata varata la Legge 81 che, all’art.18,  lo regola, in vigore dal 14 giugno.

Il lavoro agile rappresenta un’opportunità nella PA per adottare nuovi modelli organizzativi, basati sulla responsabilita del management che, attraverso il coinvolgimento dei dipendenti nel processo decisionale ed una maggiore delega ad essi, aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorisce la crescita della sua produttività.

La legge ha posto l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individale condividendo le priorità strategiche dell’azienda e sull‘utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare fuori dalla sede della azienda attraverso strumenti informatici quali pc portatili, tablet e smartphone, favorendo così lo sviluppo delle nuove conoscenze e competenze digitali nella PA.

Lo smart working viene così inteso non solo come misura di welfare ma come acceleratore dell’innovazione.

In ARPAT nel 2015 sono state attivate per la prima volta, in fase sperimentale, 2 tipologie di telelavoro, quali il telelavoro domiciliare e il telelavoro presso altra sede di agenzia. Dopo la prima fase di sperimentazione il telelavoro è stato incrementato e portato a sistema in quanto ha trovato un riscontro molto favorevole da parte lavoratori e delle lavoratrici dell’Agenzia che hanno infatti richiesto alla Direzione di ampliare la disponibilità di posti.

La Direttiva 3/2017 ha assegnato ai CUG (Comitati Unici di Garanzia) il ruolo di supporto nel percorso di realizzazione del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni e di monitoraggio delle diverse fasi dalla progettazione fino alla sua attivazione.

Il CUG di ARPAT ha inserito, tra le azioni positive da intraprendere per il personale, una specifica azione (Azione 4.4 del Piano delle Azioni Positive dell’Agenzia per il triennio 2017-2019) volta a favorire l’introduzione dello smart working tra le modalità di lavoro dell’Agenzia così da accrescere il benessere organizzativo al proprio interno.

La particolare attenzione alla qualità della prestazione lavorativa da parte della dirigenza e del comparto, la riduzione dei costi economici, lo sviluppo delle conoscenze e competenze digitali dei propri lavoratori anche ai livelli di età avanzata e per ultimo, ma non ultimo, la riduzione dei costi ambientali per le minori emissioni di CO2 emesse grazie ai minori spostamenti sono gli obiettivi che si intendono raggiungere attarverso l’introduzione di tale forma di lavoro accanto all’ampliamento del numero dei posti delle altre forme di telelavoro.

La Direttiva si è posta come obiettivo quello di permettere almeno al 10% del personale che ne faccia richiesta di avvalersi del lavoro agile entro i primi tre anni dall’emanazione delle legge Legge 124/2015.

Per chi vuole approfondire: Le nuove sfide del CUG di ARPAT

Testo a cura di Eva Bonini (Arpa Toscana)

 

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